Alla fine del ’68 alcuni giovani desiderosi di portare la cultura underground a Trieste decidono di aprire un nuovo centro ricerche, un “luogo dato alle manifestazioni audio-visive” cita la stampa dell’epoca.
Mettersi in azione per recuperare uno stato attivo, come dicevano, in un’intervista del ’92, Piero e Annamaria Percavassi, seguire un desiderio di coltivare un certo anticonformismo e calarsi nell’underground che serpeggia al di sotto di ciò che è facilmente ravvisabile, citando Pierpaolo Venier, l’eccezionalità di riunire professionalità e personalità molto diverse e aggregate per questo scopo, sfociarono in questa sorta di laboratorio permanente. Oltre ai sopracitati protagonisti, sono menzionati nel catalogo Anni Fantastici del Museo Revoltella del ‘94 Luciano Celli, Sergio Ghersinich, Lorenzo Codelli, Mario de Luik, Bruno Chersicla, Piccolo Sillani, Mariagrazia Celli, Rosanna Obersnel, Paolo Nait, Claudia Velicogna, Vanni Bandiera, Athos Pericin, Cesare Piccotti, Rosella Pisciotta.
Basta il progetto, Cinema underground, La Cappella Supermartket, Multipli, Computer graphics, Pura Pittura, Fotografia Creativa, Concerto Fluxus alcuni dei titoli delle prime rassegne, d’arte, di cinema, fotografia, computer e performance.
L’esigenza di capire, di sperimentare e di informare sulla neoavanguardia nelle arti visive come nel cinema, nella progettazione architettonica piuttosto che nel design, trovò un’adeguata cornice in un ampio spazio, una ex cappella, modulabile per le diverse esigenze e ristrutturato per l’occasione.
Così si legge nell’’articolo apparso su Il Piccolo il giorno seguente l’inaugurazione (14 dicembre 1968): “Una nuova galleria d’arte – La Cappella – è stata inaugurata a Trieste in via Franca 17. Nuova in verità, per molti e importanti motivi. È nata senza una tradizione alle spalle (…) è organizzata da giovani, freschi ancora d’entusiasmo; è impostata soprattutto secondo criteri attuali, com’è provato dal sottotitolo della Cappella che si denomina Centro di ricerche e sperimentazioni audiovisive. La cornice ambientale prepara il maturarsi di nuove concezioni estetiche e introduce il visitatore all’apprezzamento di esperienze inedite”.
La programmazione si fece subito fitta e le diverse discipline mantennero al contempo una loro autonomia restando fedeli all’assunto di porsi nel campo della ricerca, della novità e della sperimentazione. Il nuovo andava individuato, affrontato e vissuto. E questo valeva per le arti visive, che abbandonavano formati, statuti e consuetudini per gettarsi in azzeramenti e ricomposizioni, negli allestimenti delle mostre che invadevano lo spazio, quasi occupandolo interamente, nel format stesso delle collettive, come ad esempio la Cappella supermartket, in cui era evidente il desiderio di allargare la fruizione dell’arte per renderla consueta nella quotidianità.
Il gruppo operava in sincronia e senza alcuna preoccupazione di subalternità con importanti realtà nazionali: dalla Galleria il Cavallino di Venezia, allo Studio Marconi, a Filmstudio; si adoprò per far venire a Trieste critici e progettisti ad illustrare linee e indirizzi della ricerca più aggiornata, da Gillo Dorfles a Bruno Munari, da Daniela Palazzoli, a Lea Vergine e Tommaso Trini, si trasformò in gruppo operativo per la strutturazione di habitat, per i primi laboratori didattici o per concerti audio/visivi.
La Cappella poi si orientò sempre più verso il cinema, fu luogo di formazione per chi poi intraprese la strada della critica, divenne luogo di raccolta di un imponente materiale filmico, indicò nuove ipotesi legislative per la valorizzazione dell’arte cinematografica, incoraggiò la filiazione di nuove realtà associative trasformandosi nel tempo in un esempio di eccezionale longevità nel mondo dell’associazionismo culturale in Italia, avventurosamente avviato a Trieste in quel dicembre del ‘68.