I Palazzi

Nel 1852 Revoltella affidò all’architetto berlinese Friedrich Hitzig, allievo del celebre Schinkel, l’ideazione del palazzo che intendeva costruire sulla piazza Giuseppina, nelle vicinanze della riva del mare.

Nato a Berlino nel 1811, Hitzig aveva lavorato in patria, dove era una figura emergente, ma aveva anche molto viaggiato: nel 1835 era stato a Parigi, dove era rimasto colpito dalle opere di Percier e Fontaine, e nel 1845 aveva compiuto un viaggio in Italia.
Fu il primo architetto della sua generazione a dedicarsi prevalentemente all’edilizia privata.
Purtroppo molte sue costruzioni berlinesi (alcune ville di Victoria Strasse) furono distrutte nella seconda guerra mondiale. Non è stato ancora chiarito il modo in cui egli venne in contatto con Pasquale Revoltella, al quale, nel gennaio ’53, presentò un progetto che costituiva una soluzione architettonica decisamente nuova per la città, con un’impronta stilistica neorinascimentale che gli derivava verosimilmente da modelli francesi.

La facciata, divisa in tre fasce orizzontali da elaborate cornici marcapiano, che evidenziano il diverso trattamento delle superfici e il passaggio dallo stile austero del pianoterra a un disegno più raffinato dei piani superiori, presenta un apparato decorativo che si infittisce via via verso la parte alta. L’elemento di maggiore rilievo è costituito dalla trifora della loggetta centrale dove spiccano le due colonne e la cornice superiore, che racchiude un area decorata con medaglioni in rilievo. La parte alta dell’edificio è conclusa da un’alta fascia a festoni, da due cornici aggettanti e da una balaustra che riprende il motivo a colonnine del balcone sottostante. La balaustra, che continua lungo i lati dell’edificio, è interrotta da pilastri sui quali sono collocate sei statue allegoriche firmate dal veneziano Francesco Bosa.
Rispetto all’architettura triestina del tempo, il progetto di Hitzig rappresenta la continuità e la rottura: continuità perchè i suoi riferimenti stilistici non negano il classico, rottura perchè supera gli schemi compositivi dei fronti neoclassici.

Da casa a museo. Lo sviluppo delle collezioni e la nascita della Galleria d’arte moderna.

Nel 1872, tre anni dopo la morte del barone, il palazzo, secondo le sue disposizioni testamentarie, divenne “Museo Revoltella”. Fu amministrato da un Curatorio che gestì la rendita compresa nell’eredità e provvide annualmente ad incrementare la collezione d’arte, raddoppiando il numero dei pezzi in meno di trent’anni.

Nel 1907 si rese necessario ampliare il museo divenuto troppo angusto per le dimensioni del suo patrimonio d’arte. Fu acquistato dal Comune l’attiguo palazzo Brunner, ma solo dopo la prima guerra mondiale si iniziò ad utilizzarlo parzialmente come spazio espositivo. Il progetto di ristrutturazione completa dell’edificio venne affidato nel 1963 a Carlo Scarpa, che propose una nuova distribuzione degli spazi interni con la creazione di grandi sale e un’articolata terrazza sul tetto. I lavori iniziarono nel 1968, ma, poco dopo, subirono una prima interruzione e lo stesso progettista rinunciò all’incarico di dirigerli.
Seguirono altre due fasi, separate da una lunga pausa, in cui si succedettero due architetti, Franco Vattolo e Giampaolo Bartoli; quest’ultimo, nel 1991, portò a compimento l’opera. Nel palazzo Brunner trova posto la gran parte della pinacoteca Revoltella, mentre il palazzo del barone, grazie ad alcuni interventi di restauro e di recupero degli arredi, ha ritrovato la sua identità di dimora storica ed ospita prevalentemente opere della collezione del fondatore.

150° della fondazione del Museo Revoltella

Storie di lasciti e acquisizioni. Un patrimonio lungo 150 anni

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