Palermo 1859 – Firenze 1933
La derelitta
1893
marmo, inv. 798
acquisto alla Biennale di Venezia, 1895
Esposta alla prima Biennale di Venezia, nel 1895, La derelitta di Domenico Trentacoste, scultore palermitano residente a Parigi dal 1880, otteneva uno straordinario successo, tanto da rendere subito celebre il nome del suo autore, sino ad allora pressoché sconosciuto in Italia.
In seguito a questo successo Trentacoste rientrava in patria e si stabiliva a Firenze, divenendo un protagonista della nuova scultura italiana e una personalità di primo piano proprio nell’ambito dell’organizzazione e degli orientamenti delle Biennali veneziane d’anteguerra. La derelitta, per l’armoniosa ed elevata bellezza della forma, l’intensa vitalità dell’immagine («Par quasi che palpiti, par quasi che viva», esclamava Vittorio Pica) e l’acuta penetrazione psicologica, apparve subito come qualcosa di nuovo e ricco di prospettive nel panorama della scultura italiana.
Ugualmente distante da quel «realismo crudo e bruto» che, a detta di Ojetti, aveva imperversato negli anni precedenti, come dal lirismo simbolico bistolfiano, foriero di uno sfaldamento impressionistico della forma che minava l’essenza stessa della scultura, l’opera di Trentacoste sembrò aprire una nuova via: quella di un accordo tra quieta, elevata saldezza formale e intensità patetica dell’espressione. Lo scultore piega qui il nudo femminile in una posa (memore forse della delicata torsione di una Venere accosciata) che obbedisce all’intensità insopprimibile di un moto interiore; mentre la sua straordinaria sottigliezza tecnica riesce a trasfigurare il marmo nella resa della più intensa sensazione di vita e insieme di ineffabile spiritualità.