Nel 1924 Mayer, allora membro del Curatorio, propone al Museo Revoltella l’acquisto dell’opera Risveglio al prezzo di 14.000 Lire, poi abbassato a 12.000 Lire (somma comunque elevata, se si considera che il prestigioso Meriggio di Casorati viene pagato lo stesso anno 20.000 Lire). La scultura, al momento dell’acquisto, aveva già raggiunto una certa notorietà: era stata, infatti, già presentata all’Esposizione di Roma del 1921, alla Quadriennale Nazionale di Belle Arti di Torino del 1923 e alla Mostra Biannuale del Circolo Artistico di Trieste del 1924. Probabilmente è a questo marmo in fase di esecuzione che si riferisce Salvatore Sibilia nel 1922 quando, ricordando una recente visita allo studio di Mayer, scrive: «Ora sta lavorando a una maschia figura di marinaio che farà parte del faro che sorgerà fra qualche anno nel porto di Trieste, simbolo di Nazario Sauro, martire dell’Adriatico, e ad un nudo di donna quasi rannicchiata che è tutta una bellezza di espressione e di verità». In questa fanciulla, che ridestandosi dal torpore del sonno con gli occhi ancora chiusi contrae il ventre nell’atto di sollevare le ginocchia, è riconoscibile l’impronta stilistica dei suoi primi maestri Barzaghi e Malfatti. Dal primo Mayer aveva mutuato l’amore per la scultura classica, dal secondo (maestro anche di Adolfo Wildt) aveva attinto la sensibilità romantica e una certa attenzione al vero. Il risultato è una resa plastica affine al naturalismo di Vincenzo Gemito e ai non-finiti michelangioleschi. Sembra più diretto il rapporto tra l’opera in questione e il marmo Nudo di donna (La dormente) di Domenico Trentacoste, scolpito del 1910 (ora alla Galleria d’Arte Moderna di Roma), che Mayer aveva sicuramente visto alla Biennale di Venezia dello stesso anno, dove presentava due sculture nella Sala della Città di Trieste. La sensualità lasciva di questo nudo femminile, ancora legata a modelli simbolisti, doveva probabilmente apparire troppo leziosa e superata a molti dei suoi contemporanei, come all’ignoto giornalista che – lasciando sottintendere come la piacevolezza del tema non fosse sufficiente a colmare la mancanza d’inventiva – aveva così commentato l’opera «il Risveglio deve piacere per forza; è una donna nuda che giace sugli allori» (Giudizi del pubblico in «La Sera», 21 ottobre 1924).