L’opera fu commissionata dal Museo Revoltella al maestro napoletano nel 1886. Nel gennaio del 1887, Domenico Morelli informava il Curatorio che un suo dipinto di soggetto storico, “non destinato ad altri”, stava per essere terminato: esso raffigurava Maometto in preghiera assieme al suo primo esercito, prima della battaglia. In una lettera di poco successiva il pittore specifica che la cornice, di fattura molto particolare, era stata fatta da lui in persona “appositamente adattata a quella pittura”.Il 1887 era l’anno dell’Esposizione Nazionale di Venezia a cui il Maometto di Morelli partecipò ad esposizione inoltrata. Si legge infatti sulla Gazzetta di Venezia che la tela fu collocata nella sala degli acquerelli ed era oggetto di profonda ammirazione e lode generale. «Qualunque sia la scuola che il visitatore predilige – scrive il giornalista – esso sente dinanzi a quel lavoro qualche cosa di straordinario, di potente, che lo trascina all’entusiasmo se il gusto suo collima con quello dell’artista, o che lo lascia pensoso ed ammirato se altro è il genere di pittura, cui, egli, il visitatore, meglio apprezza ed ama.»“Rappresentar figure e cose, non viste, ma immaginate e vere ad un tempo.” Era questo il principio ispiratore della pittura morelliana che, nel caso presente, “immagina” appunto un oriente mai realmente visitato se non attraverso lo studio delle carte geografiche.Il dipinto in esame si inserisce nell’ultima fase della produzione morelliana, per lo più incentrata su tematiche bibliche e religiose. Nelle opere appartenenti a questo periodo lo stile dell’artista appare mutato: il colore compatto dei dipinti dei primi anni è sostituito da un colorismo influenzato dalla pittura “abbozzata e sommaria” di Mariano Fortuny, in cui il soggetto si configura come “notazione fugace” e in cui ogni aspetto (luce, ombra, tono e controno) si rivela “abbreviato e approssimativo”.