La spettacolare messa in scena di questo dipinto, databile intorno alla metà degli anni Trenta, subito dopo il trasferimento dell’artista a Roma, ci riporta all’attività decorativa d’intonazione romantica da lui condotta in precedenza a Trieste. La spettrale immagine dell’edificio in stile goticheggiante, ingigantito dall’illuminazione nel livore del paesaggio circostante, è infatti da mettere in relazione con il capriccio medievale, da lui realizzato qualche anno prima in Casa Hierschel, a Trieste. Evidente, inoltre, è il legame con la scenografia che, abbandonate le leggiadrie rococò, all’inizio del XIX secolo si caricava di rovine e motivi preromantici. Nel cupo paesaggio del cimitero qui raffigurato si svolge del resto una scena da tragedia, plausibilmente identificabile con l’infelice epilogo della storia di Romeo e Giulietta. Proprio in occasione della rappresentazione a Roma nel 1836, presso l’antico Teatro Apollo, dell’opera I Capuleti e Montecchi di Vincenzo Bellini, Scarabelotto ne realizzò le scene. Fu inoltre presumibile motivo d’ispirazione, per la suggestiva impostazione compositiva del dipinto qui esaminato, l’opera intitolata Cappella mortuaria (1828 ca.) del pittore piemontese Giovanni Migliara (Sorrentino, 1997).
Di questo artista, la cui biografia resta tuttora non priva di lacune, il Museo Revoltella possiede altri due dipinti che, assieme al presente, costituiscono i primi tre numeri dell’inventario storico e sono, Paesaggio fantastico, 1835, olio su tela, 62×50 cm, inv. 1 e La Piramide di Caio Cestio [1835 ca.], olio su tela, 50×62 cm, inv. 3.