A partire dagli anni ’50, quando nelle opere di Spacal scomparve la figura umana e il suo stile passò da una sorta di “realismo magico” ad un linguaggio sempre più astratto e sintetico, il Carso divenne uno dei soggetti più ricorrenti sia nella produzione pittorica che in quella grafica. Per l’artista, che era nato a Trieste da una famiglia slovena di modeste condizioni economiche e che durante il ventennio e la seconda guerra mondiale aveva vissuto esperienze drammatiche come il carcere e il confino, questo luogo divenne «il suo vero rifugio tra le doline pietrose, spazzate dalla bora durante l’inverno, ma fiorite poi coi caldi colori dell’autunno» (Marchiori, 1983). Il dipinto del Revoltella – acquistato nel 1970, due anni dopo la retrospettiva che il museo aveva dedicato all’opera grafica dell’artista – documenta il suo particolare modo di rievocare questo paesaggio tramite simboli e segni, disposti in ritmi serrati secondo un calibrato ordine compositivo e talvolta allusivi alla parete di una stalla carsica o a un recinto, per raccontare il vissuto di un uomo ma anche la storia di una collettività.
Di Spacal il museo Revoltella possiede anche una decina di xilografie donate dall’autore e la scultura in legno Spazio e tempo, del 1953, legno dipinto, 61x18x21 cm, inv. 4986, acquistata nel 2000 grazie ai fondi del lascito Kurländer.