La versione in gesso, alta 2,90 metri, è stata donata dall’Associazione Laureati dell’Università di Trieste al Museo Revoltella nel 1965. Risale al decennio precedente l’idea di realizzare una statua raffigurante l’idealizzazione della Dea Roma, quale dono dell’Associazione all’Ateneo triestino, da consegnarsi in occasione della cerimonia ufficiale d’inaugurazione della nuova sede universitaria e da collocarsi nel piazzale antistante all’università, in prossimità della Facoltà di giurisprudenza.
Inaugurazione che arrivava a distanza di molti anni dalla posa della prima pietra e dopo non pochi cambiamenti progettuali legati alla difficile situazione del dopoguerra.
Per questo lavoro, lo scultore che veniva da anni di proficuo impegno in ambito non solo locale, optò per una figura dalla ricca tradizione iconologica. Nell’ambito della religione romana, fin dal II secolo a.C. la Dea Roma fu la divinità che personificava la città di Roma e, più in generale, lo Stato romano.
Rappresentata a figura intera con un elmo in testa, senza la tradizionale lancia, presenta un ricco panneggio della veste che scende fino a terra lasciando scoperti solo i piedi.
Una figura che, come volle ricordare il Magnifico Rettore Prof. Agostino Origone fu «nota come Minerva, divinità latina identificata con l’Atena dei greci, dea delle arti e in genere dell’ingegno umano che con Giove e Giunone forma la classica triade capitolina»
Al lavoro di Selva venne però alla fine preferita la monumentale Minerva del più giovane e moderno Marcello Mascherini, che ancora oggi con le sue importanti dimensioni, più di quattro metri d’altezza, cattura lo sguardo di chi osserva la facciata principale dell’ateneo. Anche in questo caso, però, lunghe furono le vicende per l’acquisizione di un’opera che non incontrò da subito il favore di una parte del senato accademico.
Dopo un lungo iter burocratico durato più di un decennio, invece, nel 1963, una fusione in
bronzo del modello di ridotte dimensioni della Dea Roma di Selva entrò nelle collezioni accademiche grazie a una donazione dell’ALUT, Associazione Laureati dell’Università di Trieste.