Ideata per un pubblico selezionato e interessato agli intrecci tra le eccellenze del territorio, che si tratti di vino o di opere d'arte, il ciclo di incontri intitolato "Calici d'arte" ha registrato particolarmente quest'anno un grande successo, con posti esauriti ben prima delle date fissate per gli appuntamenti e una grande attenzione per gli argomenti trattati dai relatori. La formula della degustazione di grandi vini durante le conferenze ha creato le condizioni ideali, unita alla suggestione della terrazza del museo, per instaurare un'atmosfera di concentrazione e di interesse per i personaggi invitati, taluni ben noti ma altri quasi sconosciuti a Trieste, che hanno descritto il proprio lavoro e discusso le loro idee davanti a un pubblico folto e attento. Il tema era decisamente "trasversale", i rapporti vino, architettura e paesaggio, che coinvolgevano sia aspetti economici e produttivi che motivazioni ideali, amore per la propria terra, rispetto per le sue forme e le sue tradizioni, in cui i produttori della regione si distinguono per una particolare sensibilità.
Una rassegna di immagini delle quattro serate si può vedere su youtube all'indirizzo: http://youtu.be/hNi0MXtpetM
Se Edi Kante è ormai una figura quasi leggendaria della viticoltura carsica, il pioniere coraggioso che ha creduto già alcuni decenni fa, di poter ricavare prodotti di qualità da un terreno aspro e difficile come quello dell'altipiano, e ancora non smette di reinventare intelligentemente il suo mestiere, a partire da quella impressionante opera di ingegno che è la sua cantina, scavata a quasi 20 metri in profondità, certamente Robert Princic si colloca tra gli imprenditori giovani del settore, anche se, come figlio di un viticoltore notissimo nel Collio di San Floriano, Doro Princic, può giovarsi di una lunga storia aziendale.
Princic rappresenta la generazione preparata per sperimentare nuove tecniche e nuove alleanze, capace di conquistare nuovi mercati e di usare al meglio la comunicazione. Ed è anche la generazione che è pronta a "rimediare" a certi errori del passato, a un'idea di modernità oggi superata. Non a caso egli ha cancellato la forma piuttosto anonima, ma funzionale, della cantina paterna, organizzata dagli anni Ottanta in un capannone, per recuperare al complesso aziendale una fisionomia edilizia molto più vicina alla tradizione dell'architettura rurale ancora conservata nel Collio.
A metà fra spirito imprenditoriale e approccio sentimentale si colloca invece Venko Cernic, autore di un'opera a dir poco straordinaria di recupero storico sia sotto il profilo edilizio e ambientale che come rivitalizzazione della produzione vitivinicola in un paese, San Michele del Carso, ancora connotato dall'isolamento e dai segni delle tragedie passate. Cernic ha acquistato e restaurato il vecchio rudere abbandonato del Castello di Rubbia, dove giocava da bambino, e, con la collaborazione di architetti specializzati in questo campo, Roberto Raccanello e Katerina von Stietenkron, ne ha fatto un edificio modello quanto a rispetto della forma e della tecnica costruttiva del Medioevo e del '500. Ma non basta. Salendo al paese di San Michele si può vedere la grande cantina che ha scavato nella roccia, tutta sostenuta da volte di mattoni costruite alla maniera antica, da cui per impervi passaggi si arriva alle cannoniere scavate anch'esse nella roccia per posizionare l'artiglieria utilizzata nelle durissime battaglie combattute su queste alture tra il 1915 e il 1917. Cernic vuole farne un museo, a completamento di un'impresa di valorizzazione del territorio che ha davvero dell'incredibile per la pazienza, l'impegno e le risorse messe a disposizione.
Beniamino Zidarich ha chiuso il ciclo con il racconto di un'altra grande impresa edilizia condotta nel sottosuolo carsico con l'aiuto dell'architetto Paolo Meng. Anch'egli infatti deve il successo ottenuto da vini di straordinaria qualità soprattutto all'amore che nutre per la terra dei suoi avi, per il paese nel quale vive e conduce l'azienda. Zidarich non distoglie mai lo sguardo al passato, che significa rispetto delle tradizioni e dei luoghi, persino dell'antica arte degli scalpellini, largamente usata nella sua cantina, ma sa gestire con intelligenza le esigenze contemporanee ed essere sempre vincente nelle competizioni non facili che occorre affrontare oggi nel mondo del vino.
"Calici d'arte" si pone dunque, sempre più, come uno spazio per dibattere temi di grande interesse e attualità e per fare incrociare il pubblico dei musei con quello dell'enogastronomia, entrambi uniti almeno da un obiettivo culturale, quello di accogliere nel modo migliore e di gratificare con un'offerta di alto profilo chi viene a visitare questa regione.
Prima della prossima edizione, prevista per agosto 2013, ci saranno degli ulteriori incontri, tra cui certamente una serata "tra vino e arte" nelle giornate della "Barcolana".
Maria Masau Dan