Da domani aperta la mostra dedicata a Roberta di Camerino

Sarà inaugurata nel pomeriggio la mostra "Roberta di Camerino, la rivoluzione del colore" promossa dall’Assessorato alla cultura nell’ambito di un progetto pluriennale finalizzato alla ricerca e alla valorizzazione dell’opera degli stilisti italiani del ‘900 con particolare riguardo a quelli che hanno avuto dei collegamenti con la città di Trieste e con l’area giuliana. In questo spirito sono state realizzate le mostre dedicate a Mila Schon (2009) e, più lontano nel tempo, a Renato Balestra.

La creatrice del marchio Roberta di Camerino, al secolo Giuliana Coen, scomparsa pochi mesi fa, era nata a Venezia nel 1920 e, già nel primo dopoguerra, reduce da una drammatica esperienza di rifugiata in Svizzera, aveva avviato nella sua città un’attività di produzione di borse femminili che, grazie al suo carattere originale e innovativo, aveva incontrato subito un grande successo.

L’invenzione della borsa colorata e l’uso di materiali del tutto nuovi,  per questo tipo di accessori, come il velluto, ma anche di forme inconsuete come quella a bauletto della famosa "Bagonghi" (il nome fu preso da quello di un nano del circo che era simpatico a Giuliana) suscitò subito una grande attenzione da parte delle riviste di moda ed ebbe come effetto l’interesse di alcune protagoniste del jet set internazionale, come Grace Kelly e Liz Taylor, tanto per citarne due tra le più celebri.

Il marchio Roberta di Camerino, che era nato dalla suggestione di una canzone ("Smoke get in you eyes" dal musical "Roberta") e dal cognome del marito, Guido Camerino, dilagò in tutto il mondo e la stilista si affermò soprattutto negli USA dove nel 1956 ottenne anche il prestigioso "Oscar della moda" Neiman Markus. 

Negli anni Sessanta Roberta di Camerino si distinse anche per l’adozione del "total look", una scelta di stile che voleva dire indossare non solo una borsa, ma anche abito, foulard (e, quando serviva, l’ombrello) con la stessa firma.

Gli abiti di Roberta di Camerino, per un periodo – tra il 1972 e il 1975 –  prodotti a Trieste (la ditta si chiamava "Mearo" e aveva sede nel Magazzino 60 del Porto Nuovo) avevano non solo il pregio della praticità, essendo realizzati in jersey ingualcibile, ma anche quello di una stampa originalissima a effetto trompe l’oeil che, grazie al disegno, creava su un abito liscio l’effetto di un completo formato da giacca, gonna, camicia, bottoni, drappeggi, ecc.

Nella mostra del Museo Revoltella, che resterà aperta fino al 12 dicembre, si possono ammirare una sessantina di borse, scelte in una produzione ben più vasta che si sviluppò nell’arco di quarant’anni, venti abiti e altrettanti ombrelli e foulard.

E’allestita negli spazi della Galleria del Novecento, al quinto e sesto piano del museo, in un’inedita e piacevole convivenza con le opere di Previati, De Chirico, Sironi, Carrà, Casorati, ecc.

Orari di visita: ogni giorno 10-19 / martedì chiuso / ingresso 6,50 euro, interi; 4,50 ridotti 

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