Incontro su “Psicoanalisi e arte. Trascrivere l’inconscio”

Sabato 11 ottobre alle ore 16.00

auditorium del Museo Revoltella, via Diaz, 27

 

PSICOANALISI E ARTE

Trascrivere l’inconscio

 

Interventi

 

Maria MASAU DAN 

Direttrice del Museo Revoltella 

 

Giuliana MARIN

Presentazione del volume  “Psicoanalisi e Arte – Trascrivere l’inconscio”

Ambra CUSIN 

Brevi ‘libere suggestioni’ a partire dal testo

 

Rita CORSA

Autoritratto e moltiplicazione del Sé nell’opera di  Cesare   Sofianopulo

 

Gabriela GABBRIELLINI e Teresa LORITO

Psicoanalisi e Arte – Trascrivere l’inconscio

 

 

Il volume “Psicoanalisi e Arte – Trascrivere l’inconscio” a cura di Gabriela Gabbriellini e Teresa Lorito, (Edizioni ETS) affronta il tema della dicibilità dell’inconscio da punti di vista variegati e soggettivi, il cui filo conduttore è la comunicabilità delle emozioni e dei sentimenti.

 

I relatori

 

Rita CORSA

 Psichiatra, psicoanalista della Società Psicoanalitica Italiana (Centro Milanese) e dell’International Psychoanalytical Association,  professore a  contratto Università Bicocca (MI)

 

Ambra CUSIN

Psicologa, psicoterapeuta e psicoanalista della Società Psicoanalitica Italiana (Centro Veneto) e dell’International Psychoanalytical Association

 

Gabriela GABBRIELLINI

Psicologa clinica,  psicoanalista della Società Psicoanalitica Italiana (Centro Fiorentino) e dell’International Psychoanalytical Association,  docente al  Centro Studi  Martha Harris (BO)

 

Teresa LORITO

Psicologa, psicoanalista della Società Psicoanalitica Italiana (Centro Fiorentino) e dell’International Psychoanalytical Association, Università degli Studi di Firenze

 

Giuliana MARIN

Psicologa, psicoterapeuta, Consulente dell’Istituto per i Ciechi Rittmeyer

 

 

 

Il 3 giugno 2006, si è svolto a Pisa, nel ridotto del Tetro Verdi, il convegno .Psicoanalisi e Arte Trascrivere l’inconscio una giornata di studio che ha visto la compresenza di psicoanalisti della Società Psicoanalitica Italiana e artisti di varie estrazioni.

La giornata di studio è stata dedicata all’esplorazione del complesso tema dell’inconscio come essenza sfuggente, pre-forme in divenire della nostra attività mentale, frammento di conoscenza ancora anarchico e alla necessità della sua “trascrizione“ psicoanalitica e artistica. I contributi presentati sono stati raccolti in un volume, che porta lo stesso titolo.

Gabriela Gabbriellini, l’ispiratrice di questo incontro, introduce i lavori ricordando come sia nata l’idea di questa giornata e sottolinea i “punti di convergenza tra l’operare psicoanalitico e la creazione artistica, chiedendo se esplorare aspetti profondi ed ancora ignoti della soggettività umana, rendere visibili aspetti del mondo mai visti prima, dare una forma che necessita solo di una bellezza comunicativa non siano le vie conoscitive ed espressive che appartengono allo psicoanalista ed all’artista. Entrambi trascrivono l’inconscio.”

 La relazione di Pierandrea Lussana dal titolo: “Da Le anime morte al Sosia: fulgore e tremori di identità russe nelle parti della personalità.” ci  accompagna attraverso il percorso narrativo di Gogol sottolineando  come le splendide descrizioni dell’autore si possano vedere come antesignane di quelle che saranno, circa cento anni dopo, alcune teorizzazioni psicoanalitiche.

Amalia Giuffrida ci introduce alla scrittura in psicoanalisi: “il modello centrale del mio discorso, di fatto, vuole indagare l’idea che raccontare la clinica induce sempre un sentimento di insoddisfazione nel narratore analista, come se questi non riuscisse mai a comunicare il vissuto della seduta; da una parte perché troppo lontano dall’esperienza in corso, spesso attraverso l’espediente di una sistemazione teorica eccessiva o, dall’altra, viceversa, perché troppo immerso in questa, per suscitare la condivisione del gruppo di colleghi”. Quindi “l’elaborato clinico si colloca come genere letterario in un contesto ambiguo, tra il saggio e la novella, tra l’apparente e il latente, si può definire come una produzione creativa di confine, cui partecipano vari stili di pensiero:”

Rita Corsa ci fa conoscere la figura di Vito Timmel “personaggio emblematico di fin de siècle dallo spirito tormentato e sanguinante e sapiente artista dal gesto estremo e corrusco” che “ non sentì mai l’intrigante richiamo del lettino analitico.” Attraverso un’attenta lettura di alcune opere del pittore e le favole del suo Taccuino magico, la Corsa ci ha svelato un percorso in cui, attraverso opera pittorica e opere letteraria, Timmel ci descrive il suo personale “vivere come all’inferno” caduta nella follia dove la realtà quotidiana cede il posto ad una realtà psicotica fatta  di simbolismo.

Paola Golinelli nel  lavoro dal titolo”La rappresentazione della paura nel cinema”, transitando  attraverso il cinema d’autore (Psycho di Hitchock, Alien di Ridley Scott, Shiningdi Kubrik) mostra come le immagini forniscano  rappresentazioni condivisibili della paura o scenari per vivere  esperienze di paura.

Seguono relazioni di artisti che hanno raccontano la loro esperienza creativa.

Francesco Vaccarone ci  parla del suo cinquantennale lavoro, in cui ogni dipinto è per lui “un’autobiografia anche se mascherata:” Il gioco fra oggettività e sociale si intreccia ed emerge attraverso l’immagine pittorica, confluendo in un linguaggio fatto di “linee, segni, forme, colori.”

Claudio Proietti ci ha  entrare in un mondo a lui caro quello della musica, dove la creatività viene presentata come dialogo (almeno due suoni devono entrare in gioco per avere musica) , rimandando, significativamente, al dialogo tra terapeuta e paziente.

Ugo Riccarelli ci dice come nella sua esperienza le immagini, ripescate nella memoria, immagini fisse come di una fotografa o immagini visive intrise di profumi e sensazioni, siano la fonte da cui scaturisce la sua scrittura. Citando Tabucchi, il quale sostiene che lo scrittore deve essere in qualche modo in grado di accogliere le storie, di coglierle al volo, di afferrare il capo di un filo e di tirarlo srotolando così tutto l’insieme di cui esse sono composte” , suggerisce che le immagini che ci portiamo dentro, sono uno di questi fili.

Ne “Il gioco del Sintomo  Alessandro Garzella riferisce di una sperimentazione teatrale che lavora all’espressione corporea e vocale di “alcune persone che convivono con forme anche gravi di follia”.

 

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