“Interno con Cocò” di Filippo de Pisis. Il trionfo del colore in un interno veneziano.

Firmato e datato in basso a destra “Pisis 44”, il dipinto del ferrarese Luigi Filippo Tibertelli, comunemente noto come Filippo de Pisis, è entrato a far parte della collezione del Museo Revoltella grazie alla donazione della Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ufficio Zone di Confine, sulla quale ci siamo già soffermati nei precedenti approfondimenti di questa rubrica.
L’Interno con Cocò, acquistato quindi nel 1950 grazie ai proventi della donazione ministeriale nel settembre del 1950, apparteneva alla Galleria del Cavallino di Venezia, che nel giugno dello stesso anno aveva ospitato la mostra Maestri della pittura contemporanea, a cui de Pisis aveva partecipato. Sul verso del dipinto ancora oggi un talloncino documenta la precedente proprietà.

L’opera è uno dei rari dipinti d’interno realizzati da de Pisis nel periodo veneziano (1943 – 1947), durante il quale alterna straordinari scorci della città lagunare a nature morte e a ritratti di grande intensità.

Filippo De Pisis, Interno con Cocò, 1944, olio su tela montata su cartone, 53,5×36 cm, inv. 3400
dono della Presidenza del Consiglio – Ufficio Zone di confine, 1955

Giunto da Milano per un breve soggiorno a Venezia il 19 gennaio 1943, il pittore ferrarese è tuttavia costretto a ritornare nella città lagunare nel corso della stessa estate, poiché un bombardamento su Milano distrugge la sua abitazione in via Rugabella.
L’ambiente raffigurato nell’Interno con Cocò – descritto con la più caratteristica fattura pittorica del maestro ferrarese, costituita da rapidi e approssimativi tocchi di colore – potrebbe essere perciò la sala da pranzo della casa acquistata proprio nel 1944 e ubicata a San Sebastiano 1709, detto alla veneziana “San Bastian”, da cui de Pisis evidentemente deriva la sigla S.B., nel dipinto in esame posta in alto a destra. Pressoché tutti i dipinti degli anni veneziani sono contraddistinti dalla presenza della due lettere “S.B.”, ben visibili all’interno delle diverse composizioni. Considerando, però, che per qualche tempo dopo l’acquisto dell’abitazione questa era ancora occupata dai vecchi inquilini, è anche possibile che la suddetta sigla si riferisca a “San Barnaba”, dove il pittore teneva uno studio mentre era alloggiato all’Hotel Serenissima.
Nell’analizzare il nostro dipinto, è possibile scorgere, dietro al tavolo circolare coperto da una lunga tovaglia rossa, il trespolo sul quale è posato Cocò, una folgorante macchia gialla, l’affezionatissimo pappagallo che l’artista era solito portare sulla spalla durante le sue passeggiate per Venezia e per il quale, sempre nel 1944, aveva fatto decorare la cassetta da viaggio (oggi conservata alla Galleria d’Arte Moderna di Verona) dai suoi amici pittori: Arturo Tosi aveva dipinto il coperchio, Giorgio de Chirico la facciata con il buco per l’areazione, Massimo Campigli il lato sinistro e lo stesso de Pisis il lato destro.
L’opera del Revoltella, armonioso accordo di accese cromie, riveste un interesse particolare se si considera che non sono molti, nella produzione dell’artista, gli interni in cui è visibile un’ampia porzione dell’ambiente, mentre si ripetono più frequentemente nei suoi lavori frammenti di realtà visti da vicino, interpretazione di straordinaria modernità del tradizionale genere della natura morta. Nella poetica di Filippo de Pisis l’interno, come ha scritto Stefano Crespi (1996), “diventa “aspaziale”, “adimensionale”. Vi si scorge un aggregazione di oggetti non disgiunta però da una tensione emotiva, imprevedibile, lievemente “analfabetica”.

BIOGRAFIA
FILIPPO DE PISIS

(Ferrara 1896 – Milano 1956)

De Pisis è considerato uno degli interpreti più interessanti e originali della pittura italiana del Novecento. Proveniente da un’antica famiglia ferrarese riceve una raffinata educazione, che lo sensibilizza inizialmente alla letteratura. Dopo la laurea in lettere comincia a dipingere nel 1916, quando nella sua città risiedono Carrà, De Chirico e Savinio. Inizialmente è orientato verso la pittura “metafisica” ma, in seguito all’esperienza romana (dal 1920) in contatto con letterati e artisti del Secondo futurismo, sviluppa un linguaggio del tutto libero e cromaticamente gioioso. A Parigi, dove si trasferisce per molti anni (1925-1938), è affascinato dai protagonisti dei principali movimenti artistici qui affermatisi tra Otto e Novecento, che condizionano il suo stile dal tocco rapido e frammentato, pur non intaccando la sua prorompente personalità, fondata sulla conoscenza dell’arte antica. Rientrato in Italia allo scoppio della guerra, viaggia in numerose città, fissando la sua dimora a Milano (1939-1942), che diviene punto di ritrovo di amici letterati e pittori. Continua intanto a scrivere e pubblicare le sue poesie. Stabilitosi a Venezia dal 1943, ama girare per le calli con pennelli e cavalletto, in compagnia del pappagallo Cocò, alternando all’attività di pittore quella di illustratore di prestigiosi volumi e continuando a viaggiare molto e a esporre nelle principali Gallerie italiane ed estere. L’insorgere di una grave depressione nervosa, Alla fine degli anni Quaranta, lo costringe al ricovero in una clinica per malattie mentali a Brugherio, nei pressi di Milano. In questi ultimi anni, prima della sua scomparsa a Milano nel 1956, la sua pittura diviene essenziale, sia dal punto di vista degli elementi compositivi che del colore, basato su colori tenui e contrasti di bianco e nero.

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