La grafica: una tecnica, un’arte, una continua contrapposizione legata al progetto e al saper fare

Una sezione della mostra Trieste Settanta. Arte e sperimentazione è dedicata alla produzione grafica. E’ stata effettuata una selezione di opere di diversi protagonisti triestini del panorama artistico degli anni ’70.

Opere di autori molto diversi tra loro (Cernigoj, Perizi, Spacal, Vecchiet, Kravos, Zajec, Saffaro, Cogno e Reina) e accomunati dallo spirito di ricerca. Al centro della sala sono stati posizionati documenti di due gallerie, La Lanterna e Cartesius protagoniste non soltanto della promozione di questa modalità espressiva ma anche fautrici di importanti reti di relazioni e contatti che informarono il pubblico triestino sull’operato di artisti delle regioni limitrofe nonché sulle numerose e prestigiose manifestazioni che allora venivano organizzate. Queste erano molte: dalle Biennali d’arte Grafica di Lubiana e Parigi, piuttosto che Trigon a Graz e Documenta a Kassel o i premi nazionali tra Venezia, Roma o Suzzarra.

Personalità come Hansi Cominotti de La Lanterna e Bruno Ponte con Cartesius operarono per la promozione di una tecnica artistica che grazie alla riproducibilità della matrice consente un aumento della produzione e l’allargamento del pubblico potenziale.
Di seguito il testo di Franco Vecchiet, esperto in questo settore, che introduce ad una visita ragionata.


Lavorare sui margini

La particolarità del lavoro dell’incisore consiste nell’affrontare un percorso di lavoro che si sviluppa su piani diversi e si visualizza in momenti successivi. Si procede attraverso numerose bipolarità: segno-carta, superficie-incisione, solco–rilievo, matrice materia-impressione, positivo-negativo, destra-sinistra, inchiostro-acqua, lucido–opaco, coperture–trasparenze …La grafica d’arte definisce così la propria identità attraverso un processo di molteplici contrapposizioni. I differenti momenti del fare, e i piani che emergono dal lavoro sono strettamente collegati tra di loro dalla logica del progetto. Tutto avviene come nelle botteghe artigiane di una volta e continua oggi ancora. Il filosofo Yves Michaud fa notare giustamente che siamo di fronte forse all’ultima resistenza sulla scena dell’arte che non soccombe alla crisi del saper fare, e del mestiere preannunciata da Lèvi Strauss.
Il lavoro diventa lo spazio privilegiato di un dialogo tra mestiere e riflessione, tra conoscenza, e immaginazione. Il bordo di un territorio è allo stesso tempo la linea di demarcazione di un altro territorio. Lavorare ai bordi diventa un’attitudine. La specificità del lavoro e la sua riconoscibilità e unicità rendono la grafica d’arte relativamente isolata sulla scena dell’arte, anche se il campo dell’incisione è in verità un incrocio continuo di pratiche diverse, che si nutre di scambi con le altre attività dell’arte: il disegno, la fotografia, la pittura, il libro d’artista, il mondo dell’elettronica. A spazi diversi di riflessione corrispondono approcci, manualità e risultati diversi.
Così è iniziato nella metà del secolo scorso un periodo di rinnovamento fondamentale ed entusiasmante e per la grafica d’arte con il suo apice negli anni settanta.
L’impulso rinnovatore è stato anche la conseguenza, sia dalla rivisitazione delle avanguardie storiche e dell’esperienza del Bauhaus, che dall’industria chimica con i suoi nuovi prodotti immediatamente utilizzati dagli incisori nel loro lavoro. Sono emerse in questo modo nuove tecniche, nuove possibilità espressive, e linguaggi inediti. Accanto alle Accademie di Stato ancora tradizionali, sono nate le famose scuole private di incisione, come la Scuola di Henri Goetz a Parigi, “L’atelier 17” di William Hayter a Parigi e a New York, e la scuola-galleria di Johnny Friedlaender dove si insegnava la nuova grafica. Giovani artisti di tutto il mondo si affrettarono a seguire questi insegnamenti per poi diffonderli nel mondo intero. Anche nella nostra città e nelle regioni a noi attigue abbiamo sentito le vibrazioni del cambiamento dell’arte incisoria. La nuova immagine della grafica è stata vista come figlia del progresso democratico, di una società diversa rivolta al futuro. Questa dialettica nell’arte ha fatto emergere contrasti, e contraddizioni, ma anche ricomposizioni e zone di valore di grande dialogo e gioia.

Franco Vecchiet

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