LA SHOAH DELL’ARTE per il Giorno della Memoria

CON L' ADESIONE DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

La Shoah dell'arte si tiene in contemporanea il 27 gennaio 2015, Giorno della Memoria, in alcuni musei, gallerie e teatri d'Italia, vuoi nazionali, vuoi regionali, provinciali o comunali, vuoi infine privati. Si tratta di un progetto museologico e teatrale fondato su di una serie di mostre, conferenze e spettacoli a tema, correlate e interdipendenti. Almeno per un giorno la Shoah diviene centro anche della vita artistica del Paese. L'importanza della memoria della Shoah, e di quanto accadde, attraverso il nostro progetto vuole ricordare, celebrare e dare voce a dei nuovi testimoni che sostituiranno i testimoni sopravvissuti quando questi fisiologicamente non ci saranno più: i nuovi testimoni saranno le opere d'arte. Le opere d'arte di artisti coinvolti nel progetto di sterminio della Shoah in tutti i suoi risvolti sono cariche di una doppia memoria: una memoria estetica unita a quella storica dell'epoca in cui furono e create e che a questa sopravvissero.
Tutta l'attività museale in fondo preserva ciò che è sopravvissuto o aiuta alcune opere a sopravvivere, quelle che fanno parte della Shoah hanno anche il valore di testimoniare. Per questo il nostro progetto tende a valorizzare per un giorno, quello del Giorno della Memoria le opere d'arte che fanno parte delle collezioni pubbliche facendo fare loro un passo avanti rispetto alle altre opere e lasciando con apposite schede che queste parlino e siano dei testimoni viventi e contemporanei. Il progetto è promosso dall'associazione ECAD impegnata da anni in attività di ricerca, sperimentazione, approfondimento e divulgazione della Memoria. Un nodo stretto e quasi fisiologico tiene unite la Shoah delle persone e la Shoah della cultura. "Chi brucia libri prima o poi brucia anche gli uomini" ammonisce Primo Levi, prendendo spunto dal pensiero del poeta tedesco Heinrich Heine. Fermo restando che nulla ha maggiore importanza anche di una sola vita umana, sembra dunque giusto riflettere di nuovo sulle innumerevoli perdite causate dall'ideologia nazi-fascista alle città, al paesaggio e ai beni della storia e della cultura. Il discorso vale ancor più a proposito dell'arte. "Ha fatto lei questo orrore?": è la domanda che dinanzi a una riproduzione di Guernica un soldato tedesco rivolse nella Parigi occupata del 1940 a Pablo Picasso. "No: l'avete fatto voi", lo fulminò Picasso, che d'altronde vedeva nella tela il manifesto della lotta contro l'invasore nazi-fascista e, in senso lato, ogni genere di brutalità. L'episodio coglie il punto. In alcune circostanze a farne le spese furono le opere. Fin dal 1933, per esempio, i Nazisti applicarono l'aggettivo entartete – letteralmente: degenerato – a ogni forma d'arte ritenuta estranea ai loro parametri critici: ne risultarono la condanna e sovente la distruzione di migliaia di lavori connessi alle correnti le più diverse, dall'Espressionismo al Dada, dal Surrealismo all'astrattismo geometrico. In altre circostanze invece gli individui, vuoi perché giudicati un pericolo sociale o politico, vuoi semplicemente perché ebrei. Parecchie centinaia furono dunque gli artisti soggetti a censura o a intimidazioni, discriminati, repressi, costretti all'espatrio, condannati, imprigionati, internati, sommersi o infine salvati; e le loro testimonianze attraverso l'arte sono ancora oggi un monito per l'umanità. L'arte in tutte le sue forme: ecco dunque il centro del progetto. L'arte osteggiata durante il Nazismo; l'arte dei testimoni della Shoah; infine, l'arte contemporanea che riflette sulla Shoah o che si ispira alla Shoah.
 
Vittorio Pavoncello
 
L' ARTE VIETATA 
1940. Opere d'arte di artisti ebrei rimosse dalle sale del Museo Revoltella
 
Il Museo Revoltella partecipa all’iniziativa presentando una serie di opere che in quella data vennero rimosse e interdette alla visione del pubblico.
In una lettera datata 17 settembre 1940 indirizzata al Podestà di Trieste da Edgardo Sambo, direttore del Museo Revoltella, si annunciava la decisione, deliberata qualche giorno addietro dal Curatorio del Museo, di rimuovere dalle sale pubbliche del Civico Museo le opere d’arte di autori non ariani, in ottemperanza alle direttive del Regime fascista.
I dipinti rimossi furono così raccolti in una sala il cui accesso fu interdetto al pubblico e concesso soltanto gli studiosi che vi venivano ammessi, ma dietro „motivata“ richiesta rivolta alla direzione del Museo. In tale circostanza, venne inoltre ritirato dalla circolazione il primo catalogo scientifico del Museo Revoltella pubblicato nel 1933, a cura del critico d'arte Dario de Tuoni, in cui erano pubblicate, tra le altre, anche le opere degli artisti di origine ebraica.
Una parte delle opere allora sottratte al godimento dei visitatori sono oggi esposte tutte insieme. Si tratta dei dipinti degli artisti triestini Arturo Rietti, Gino Parin, Isidoro Grünhut, Vittorio Bolaffio, Arturo Nathan e Giorgio Settala, che entrarono a far parte del patrimonio museale prima del 1938 (promulgazione delle Leggi Razziali), abitualmente esposti al quinto piano della Galleria, nella sezione dedicata alla pittura triestina e regionale. La loro temporanea rimozione dagli spazi espositivi della Galleria, dove il pubblico è solito trovarli, intende rievocare, per non dimenticare, il vuoto inquietante e drammatico che le opere segregate dovettero lasciare in quella triste occasione.

 

 

 
Civico Museo Revoltella
Galleria d’arte moderna
Via Diaz, 27 – 34123 Trieste
tel. 040 6754350

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