L’Autoritratto con cappello arancione fu esposto alla Galleria Torbandena nel 1968, in occasione della mostra personale di Leonor Fini. Realizzato nel momento della riconversione stilistica della pittrice, in nome di una maggior definizione dei contorni e di solidificazione delle forme, l’Autoritratto svela una volta di più la stravaganza e la malìa del soggetto rappresentato. L’esuberanza del contrasto cromatico, caratteristica eccellente di questa immagine incisiva e sensuale, restituisce il ritratto psicologico della protagonista, artista irrequieta, curiosa, viaggiatrice instancabile, legata d’amicizia a innumerevoli personaggi illustri del mondo artistico e culturale europeo.
Nel corso della sua lunga e versatile attività artistica sperimentò anche la decorazione teatrale, curando scenografie e costumi per balletti e per melodrammi. Artista dalla personalità prorompente (Max Ernst la definiva “furia italiana”) e fantasiosa, Leonor Fini nacque a Buenos Aires da Herminio Fini, argentino di origini beneventane e dalla triestina Malvina Braun.
Di natura indipendente, a diciassette anni lasciò la famiglia per recarsi a Milano dove, oltre a mantenere una stretta amicizia con gli artisti suoi concittadini, Carlo Sbisà ed Arturo Nathan che qui esponevano, conobbe pittori innovativi quali Carrà, Sironi, De Chirico e Achille Funi. Nel 1931 si stabilì a Parigi ed entrò in contatto con i protagonisti del movimento surrealista (tra questi, Paul Eluard, Max Ernst e Georges Bataille), senza però aderirvi, anche se nel 1936, esporrà con il gruppo a Londra e a New York.
Nel corso degli anni ‘50 l’artista mutò radicalmente il suo stile, preferendo “muovere, rovesciare, tormentare la materia ordinata” realizzata fino a quel momento (il cosiddetto “periodo minerale”), ma alla quale tornerà immediatamente dopo, per non abbandonarla mai più.