Cariatide

Dettagli
Alberto Viani (Quistello /MN 1906 – Mestre 1989)
Cariatide
1952
Tecnica: marmo
Data acquisizione: 1959
Provenienza: acquisto su commissione
Inventario: 3662
Dimensioni
Altezza: 118
Larghezza: 61

Cariatide

Descrizione

Capolavoro tra i più noti di Viani, Cariatide è stata tradotta in materiali diversi: si conoscono due copie in gesso, una alla GNAM di Roma (1951) e l’altra nella raccolta Viani di Mestre, una in marmo bianco della Galleria d’Arte Moderna Ca’ Pesaro di Venezia e una in bronzo della collezione Fischl di Milano. L’originale in gesso comparve con il titolo di Nudo alla Biennale di Venezia del 1952 – dove l’artista ottenne il Premio del Comune di Venezia – e poi riproposto con il titolo di Cariatide nell’edizione della Biennale del 1958, alla mostra antologica sull’artista allestita dall’architetto Carlo Scarpa e presentata in catalogo da Giuseppe Mazzariol. In quest’ultima occasione venne acquistata dal Museo Revoltella per la somma di 800.000 Lire. L’autore, in una lettera a Mascherini del settembre 1958, espresse il desiderio di essere presente nella collezione triestina con «un’opera in materiale definitivo»; per questo motivo il gesso venne inviato ad un laboratorio di marmi di Carrara per essere riprodotto in marmo nero. Al momento della consegna al museo del marmo e del gesso, furono chiesti all’artista suggerimenti in merito alla forma e al colore più idonei per le basi, ma egli rispose di non essere mai riuscito ad indovinare un basamento per le sue opere, perché da lui pensate sempre “sospese come idee platoniche” (1961). Concordava con lui Giuseppe Marchiori nel 1960, che rilevava come i suoi corpi sinuosi si trasformassero «in ritmo di forme aeree, non più vincolate alla terra, librate in uno spazio […], come simboli arcani di astratta purezza». Giuseppe Mazzariol, invece, nel catalogo della Biennale di Venezia del 1958, esaltava la tensione vitale e la pienezza terrena delle masse plastiche, che toccavano «accenti di un’accorata sensualità». I richiami al classicismo furono riconosciuti da molti critici – come Ragghianti, De Micheli e Argan – e il fatto che il titolo di Nudo fosse stato in seguito sostituito con quello di Cariatide, sembrò confermare queste intenzioni nell’autore. Seppur vi sia una veduta preferenziale dell’opera, che permette di apprezzarne la purezza formale, il pregio della scultura sta soprattutto nell’equilibrio di assottigliamenti e dilatazioni, che danno alle masse e ai profili una fluidità continua e musicale.

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