Questo dipinto reca sul retro il talloncino della Biennale di Venezia del 1956 – dove venne esposto in una sala personale dedicata all’artista e quindi acquistato dal Museo Revoltella – in cui è riportata la sua intitolazione per esteso, ossia “Ciclo della protesta n° 3 – 1956 Brasile. Gli Uomini rossi”. Ciò è particolarmente significativo per la lettura del dipinto poiché attesta l’origine dell’ispirazione, un soggiorno di Vedova in Brasile, compiuto assieme alla moglie Annabianca nel 1954. L’artista lo dipinse, però, nell’inverno tra il 1955 e il 1956, quando, durante una vacanza in montagna sul Monte Terminillo (in provincia di Rieti), realizzò il “Ciclo della protesta pel Brasile”. In America latina Vedova si era recato solo per partecipare alla II Biennale di San Paolo, ma l’assegnazione del Premio “Morganti Foundation” gli aveva permesso di fermarsi altri tre mesi, da gennaio a marzo. Qui era entrato in contatto con «una nuova geografia, vertigini di spazi “orizzontali” immensi…. Drammaticità della natura, gli uragani da giudizio universale, diluvi, le forze della natura, le foreste brulicanti, verde ossessivo a rotocalco» (Vedova, 1960). Con l’incisore Livio Abramo, aveva visitato anche la parte più interna del Brasile, le piantagioni di caffè e le fazendas, dove aveva visto lavorare «uomini a quattro zampe (…) uomini rossi, la terra rossa cioè che tinge gli uomini dagli occhi azzurri». Quest’esperienza aveva alimentato in lui l’urgenza di protestare sia contro le ingiustizie viste in quei luoghi, sia contro le devastazioni e le umiliazioni subite dall’umanità intera, appena uscita da un’epoca di dittature e di guerra. L’aveva espressa tramite una pittura fortemente drammatica e gestuale, stilisticamente vicina alla precedente serie di tele, denominata “Ciclo della natura” (1953-54).