Dopo In der Dorfkirche (1886), il quadro che lo aveva reso celebre raccogliendo le impressioni e le varietà umane tra le panche di una chiesa di campagna, nel 1892, ormai insegnante a Weimar da due anni, Smith presenta al Glaspalast di Monaco un gruppo di fedeli all’uscita di una chiesa, per lo più una folla di bambine che hanno appena ricevuto la prima comunione. Il fiotto di candido bianco degli abiti imprime la nota di colore e di luce che domina il grande quadro. Il chiarore si riflette sui volti, sui capelli lucidi, fermando un momento con tale nitidezza che piacque anche agli oppositori dell’en plein air, rassicurati di vedervi negato ogni pericolo della macchia e della condotta d’impressione. Anzi, alcune figure spiccano nella loro definizione, prima fra tutte la piccola al centro, che fissa con lo sguardo l’osservatore, giocata sui contrappunti propri della tecnica fotografica: al bianco abbagliante rispondono i neri profondi del collarino con appesa la croce, dello scialle, del libro. I toni di colore più scuro, legati alle figure di anziani e contrapposti al bianco delle giovani, sottolineano il contrasto tra gioventù e vecchiaia, come d’uso nell’ambito della cultura e dell’analisi sociale positivista. Dopo la prima comunione, che a Monaco ebbe molto successo, apparve l’opera del raggiunto equilibrio da parte dell’artista nella perfetta conciliazione di en plein air e accademismo. In verità, nella forte tenuta pittorica di questo quadro, che faceva pensare ai commentatori di allora a effetti di vetro, ci pare di scorgere traccia del luminismo nordico — delle origini norvegesi di Smith — che abbaglia e insieme addolcisce le forme. Inoltre, in questa intensità atmosferica si disseminano particolari delicati, come le coroncine di piccoli fiori variegati, e trilli di colore, rossi e celesti, non propri della pittura tedesca più fioca e fredda. Si direbbero dunque suggestioni colte tra il Nord e Parigi.