Sul retro del dipinto un cartellino scrive il probabile titolo originario: “L’invalido (…) racconta le sue passate avventure – Vincenzo Cabianca di Verona”. L’opera è datata 1856, risale cioè ai primi anni del lungo soggiorno fiorentino che Cabianca trascorre insieme al gruppo dei pittori Macchiaioli del Caffè Michelangelo, dopo aver partecipato ai moti liberali del 1848. La maniera qui è ancora quella realista influenzata dalla pittura lombarda, soprattutto di Domenico Induno, criticata dal Cecioni. C’è il gusto per la narrazione e l’attenta descrizione dell’ambiente, in ogni suo particolare, uniti alla volontà di caratterizzazione dei volti e delle espressioni dei personaggi e all’intento patriottico. Giustamente Sandra Pinto (1982) sottolinea l’esistenza del collegamento tra illustrazione del mito bonapartista e rappresentazione del mito garibaldino nell’ottica comune antiaustriaca. E risulta qui evidente il messaggio in chiave patriottica se si considera la figura del legionario che racconta “le sue avventure”, ovvero le sue battaglie combattute valorosamente, come stanno a significare la medaglia che porta al petto, con carte alla mano, mentre borsa, baionetta e borraccia sono appese al muro e una statuetta di Napoleone è sul tavolo. Il bambino più degli altri uditori si immedesima nel racconto e già si direbbe pronto ad andare in battaglia impugnata la sua spada e con addosso il cappello a feluca su sui risalta il tricolore. La stessa intraprendenza di quel bambino avrebbero dovuto assumere i nuovi patrioti.