L’acquisto della Canzone nova di Eduardo Dalbono fu preceduto da un interessante scambio epistolare tra il pittore napoletano ed Alfredo Tominz, conservatore del Museo, interessato fin dal 1889 ad entrare in possesso di un’opera di Dalbono.Ma l’opportunità per l’incremento della raccolta museale di opere appartenenti alla scuola napoletana giunse soltanto con la vendita all’incanto promossa a Napoli dal Principe di Sirignano, nel 1901. Avendo avuto notizia della presenza di un’opera del Dalbono si decise così di inviare il conservatore a Napoli con un mandato d’acquisto estensibile fino a 8.000 lire.La naturale predisposizione del pittore napoletano alla letteratura, alla poesia e alla cultura in senso lato, trasmessagli dalla famiglia, non mancò mai di manifestarsi nei suoi dipinti. La lettura delle opere del padre Tito, letterato, “che ricordavano le usanze e i costumi popolari contribuirono ad accendere nel piccolo Eduardo il desiderio di illustrare con l’arte del disegno le belle e fantastiche tradizioni ” (Maggiore, 1955). L’amore inesauribile per la solarità, la bellezza ed il folclore della città partenopea, si concretizzò in una serie di quadri di spirito e fattura analoga.L’allegra brigata in primo piano del dipinto del Museo Revoltella, danza e canta sulle imbarcazioni dei pescatori addobbate per l’occasione, probabilmente la celebrazione della Vergine Assunta. Alle puntuali e realistiche notazioni dal vero degli arnesi da pesca, si accompagna il racconto fiabesco di una realtà trasfigurata da quel poeta-pittore che fu Dalbono. Tuttavia al pittore, al quale “nella magica rievocazione si è accoppiato un poeta non osiamo proprio rimproverare di non essersi sempre serbato scrupolosamente fedele alla realtà e di aver fatto tutto più luminoso, più luccicante, più bello o, per essere esatti, diversamente bello di come tutto viene dalla natura presentato” (Pica, “Emporium”, 1901). Le frante e coloratissime pennellate che compongono la Canzone nova, denunciano la suggestione della pittura del pittore spagnolo Mariano Fortuny, per un certo periodo vicino alla Scuola napoletana.Un mazzetto floreale in legno dorato e intagliato, a coronamento della spettacolare scena dipinta, è collocato sul bordo inferiore della cornice del quadro e racchiude lo stralcio di un pentagramma, sul quale è riportato un verso dell’amico Salvatore Di Giacomo, sulle note di un’aria di Pasquale Costa.Nelle raccolte poetiche del Di Giacomo, che conosceva ed amava le opere di Dalbono, un posto rilevante è occupato proprio dalle tante “canzoni nove”, inneggianti, non diversamente dalle tele dell’amico pittore, la città di Napoli e la tanto adorata “napoletanità”.