«A far pienamente apprezzare dal pubblico italiano il raro e singolare valore d’arte di Ignacio Zuloaga, anche più delle tele esposte a varie riprese a Venezia, valse – scrive Pica nel 1917 – l’importantissima mostra personale ch’egli tenne nel 1911 a Roma».
Il governo italiano lo aveva invitato ad esporre nel padiglione centrale, insieme ad un altro connazionale Anglada y Camarasa. Lusingato dall’attenzione che il proprio paese non gli riservava, decise di accettare e allestì una delle sue mostre più complete e qui fu acquistato il dipinto del Museo Revoltella.Lola la gitana dovrebbe essere stato eseguito a Segovia nel 1909. Vi è ritratta la cugina Candida, uno dei soggetti preferiti dall’artista (fu ritratta da lui almeno ventiquattro volte), ribattezzata Lolita, in questo quadro, per il tipico abito da gitana che indossa: un abito di percalle stampato in fantasia accesa di fiorami, con la mantiglia alzata sulla chioma tenuta alta dal pettine. La curvatura veloce “a sciabola”, che segue la veste a balze della gitana la rende “snella come un cervo” (Ojetti, 1911).Le spagnole di Zuloaga sono il ritratto – attraverso singole fisionomie – di una razza, dunque possiamo riconoscere nel nostro quadro ora Lola, una delle tante danzatrici gitane, ora Candida, ma non è poi così importante il loro nome, tutte interpretano “l’anima nazionale” (Calza, 1911), anzi si direbbe l’anima basca. Così in un quadro di toni vivaci come Lola, la gitana, il brioso ritmo dei fiori sulla veste rosso fragola non stempera la poesia dura, impietosa e pessimista dello spirito basco. Il profilo che contorna la gitana Lola ha la fermezza imperiosa dei primitivi, e la materia è compatta senza essere piatta, senza diaframmi atmosferici, ma aiutata da una luce omogenea da palcoscenico, mentre intorno è tutto un baluginare. Cecchi nota nel 1911, rispetto alle opere esposte nel 1903 e nel 1905 a Venezia, che quella sua “lugubre tensione letteraria porta Zuloaga sempre più a irrigidire” le forme ed a “impoverire” le tinte del paesaggio. Lo sfondo di Lola è d’invenzione e Mariano Gomez de Caso riconobbe, forse, nel casamento con annesso il campanile squadrato, la chiesa di San Justo nella città di Sepulveda, ma Zuloaga potrebbe invece aver trovato ispirazione in quello del suo monastero di Segovia. La pennellata scivola secondo l’ondulazione delle lande, smussa gli spigoli. L’insegnamento di El Greco, a contatto con l’Impressionismo, gli permette di trovare le risorse della mobilità senza perdere le sue caratteristiche peculiari.