Madonna rientra nella serie di ventidue opere presentate dal pittore torinese alla Biennale di Venezia del 1912. La mostra personale raccoglieva i lavori realizzati da Carena negli ultimi tempi, quando si trovava a Roma dopo aver vinto il Pensionato nazionale, nel 1906, con il dipinto La rivolta. Tra la serie dei bimbi dai “cappelli rossicci” (alcune erano immagini della figlia Marzia), e i ritratti della baronessa Ferrero e del fratello del pittore, vi era un paio di oli aventi per tema la maternità. Le due tele andarono vendute: Madre venne acquistata dalla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma, mentre Madonna, confluì nelle collezioni del Museo Revoltella. E se la prima fu un’opera apprezzata per il sapiente digradare dei toni grigi, il dipinto del Revoltella venne descritto da Ojetti come un «quadro fastosamente decorativo [ove] il volto malinconico e sfumato della madre resta solo a soffrire sopra una festa di rossi, di verdi, di viola, contro un cielo turchino» (Ojetti, 1912). La rassegna rifletteva senza dubbio un periodo di grande ricerca e maturazione stilistica del pittore che, ancora giovane e dopo gli esordi accademici con Giacomo Grosso, si era volto a tematiche di tipo simbolista e intimista, con una predilezione per soggetti «improntati a tenerezza di sentimenti e malinconia» (Perocco, 1974). Nacquero così i «ritratti dall’intenso contenuto psicologico; scene familiari; delicata interpretazione della maternità e dell’infanzia: amoroso, fraterno senso di umanità; poetici fantasmi, e pura e schietta visione del vero» (Ferrero 1912).