Il ritratto di Carlo Carrà fu acquistato dal Museo Revoltella alla XXIV Biennale di Venezia per la somma di 200.000 Lire. In quell’occasione, che fruttò alla Galleria triestina anche l’acquisizione di un’altra scultura di grande valore, Bambino con anatra di Giacomo Manzù (vd. scheda), l’artista pistoiese tenne una personale nella Sala XXV, presentando sei sculture, di cui quattro gessi e due bronzi. «Caro Sbisà ho ricevuto il tuo espresso e ti ringrazio di avere pensato a me per la Vostra Galleria», scrive nel 1948 Marini a Carlo Sbisà, allora membro del Curatorio del Museo, e prosegue dolendosi di non poter cedere al Museo una statua di Roma (una Danzatrice), perché ormai venduta. Propone quindi la vendita del piccolo cavaliere esposto alla Biennale veneziana o, in alternativa, la testa di Carrà, verso la quale il Curatorio, infine, si indirizzerà. Marini realizzò l’opera al suo ritorno in Italia, nel 1946, dopo un periodo trascorso in Svizzera, dove si era stabilito fin dal 1943. Nuovo e importante tassello della variegata galleria di illustri personalità da lui ritratte fin dalla fine degli anni Trenta, il ritratto di Carrà segna una svolta indirizzata verso «un’indagine psicologica più scavante». Il travaglio artistico intuibile nel ritratto bronzeo di Carlo Carrà si svela tutto nelle parole dell’autore che in merito ai suoi ritratti, nel 1939, così affermava: «Nel ritratto ho sempre cercato di dare, più che l’espressione o il carattere della persona […] la sua poesia. Non c’è volto umano in cui questa poesia non sia come racchiusa, annidata, solidificata in un tratto, in una prominenza, in una lieve cavità. L’artista deve poterla riconoscere e liberare. […]» (Marini 1939).
Oltre al gesso originale, appartenuto alla collezione Marini ed attualmente conservato al Museo Marino Marini di Pistoia, ed un’ulteriore copia in gesso policromo presso la collezione del Museo del Novecento di Milano e alla versione in bronzo del Museo Revoltella, del ritratto di Carlo Carrà esistono ancora una copia in bronzo conservata negli Stati Uniti (Fabi 2016) e una fusione in piombo appartenente alla collezione Emilio Jesi di Milano.