Il nome del personaggio di questo dipinto ci è stato tramandato semplicemente come “signor Battilana”, che de Tuoni nel ’23 cita anche quale proprietario dell’opera “La libreria Fichera”, in seguito appartenuta a Roberto Bazlen.
Osservando questo ritratto torna alla mente il passo scritto da Morassi nell’introduzione critica alle opere di Bolaffio presentate alla I esposizione goriziana di Belle Arti (1924), in cui compariva anche questo dipinto:
“Ricordo che molti anni fa un mio amico, cui il pittore aveva eseguito il ritratto, me ne parlò circa in questi termini: < Ero una caricatura. Sembravo tagliato nel legno con certi contorni di fil di ferro e certe rughe che parevano solchi di vanga. Su la bocca il disprezzo. Il volto chiazzato da macchie verdi e gialle. Un lavoro lungo e tormentato, che non finiva mai. Infine, una maschera!>“.
Fu proprio questo giudizio così drasticamente negativo che suscitò in Morassi l’interesse per Bolaffio, di cui intuiva una acuta sensibilità psicologica a dispetto di quelli che “sul Bolaffio andavan dicendo corna”. Anche in questo ritratto del signor Battilana l’indagine sconvolge il dato reale nella ricerca di uno scavo interiore esasperato.
Al soggetto, presentato frontalmente su di uno sfondo unito, Bolaffio imprime una violenta deformazione, quasi caricaturale, che investe al contempo la figura e la fisionomia del personaggio, risolto con l’inquietante mobilità dei contorni rigrossati da larghe linee sinuose e “anguillanti”.
Sul volto insiste con ombreggiature e violenti tocchi cromatici riassuntivi, il cui gioco asimmetrico dei contrasti, portato all’estremo limite, denuncia l’insofferenza alla staticità suggerita dalla posa.
Il dipinto, passato in proprietà alla famiglia Bolaffio-Brioschi venne donato al Civico Museo Revoltella pochi mesi prima dell’apertura della VI sindacale triestina che accoglieva la prima mostra retrospettiva dell’artista a un anno dalla sua morte.