Nel 1968, in previsione dell’apertura della nuova ala del museo, Mario Deluigi e il suo gallerista Renato Cardazzo, della Galleria del Naviglio di Venezia, accettarono di cedere l’opera Spazio-Luce 28 (1955-56) – già esposta alla Quadriennale di Roma del ’59 – a un prezzo simbolico, equivalente a circa un quarto della coeva quotazione di mercato.
Il dipinto appartiene alla fase matura della produzione dell’artista che, dopo essere stato allievo di Ettore Tito e di Virgilio Guidi ed essersi avvicinato al cubismo e al surrealismo, aderì nel ‘51 al movimento spazialista, che mirava ad introdurre nell’opera d’arte lo spazio reale al posto della tradizionale rappresentazione prospettica.
Nell’ambito di queste ricerche Deluigi studiò il rapporto tra luce e colore e sperimentò la tecnica del grattage, basata sull’incisione della superficie pittorica fatta di vari strati di gesso colorato. Nel dipinto qui esposto, concentrando i segni nella parte centrale, ottenne una sorta di vortice risucchiante, reso maggiormente dinamico dalla rotazione di 45° della tela quadrata.