Eseguito nel 1959, il dipinto venne presentato per la prima volta al pubblico nel novembre dello stesso anno, alla mostra personale di 52 “Superfici” del periodo 1950-’59, organizzata dal gallerista Carlo Cardazzo al Palais des Beaux-Arts di Bruxelles e presentata da Giulio Carlo Argan. Tre anni più tardi – come documenta il talloncino applicato sul retro della tela – venne esposto alla XXXI Biennale di Venezia (dove l’artista aveva una sala personale e ricevette il primo premio, ex aequo con Morlotti) ma, presumibilmente per un errore di stampa, il titolo non compare in catalogo. Nel febbraio del ’68, assieme alla tela intitolata “Superficie 243” (1957), rappresenta Capogrossi alla mostra collettiva “I pittori italiani” dell’Associazione Internazionale di Arti Plastiche UNESCO, allestita presso la Galleria d’Arte Moderna Torino.
L’importante storia espositiva dell’opera, che sempre figurava come proprietà della Galleria del Naviglio di Venezia, è indicativa del suo pregio artistico. Il fatto che il pittore e il suo gallerista Renato Cardazzo – che nel ’63 aveva preso il posto dello scomparso fratello Carlo – abbiano deciso di donare il dipinto al Museo Revoltella, richiedendo unicamente un rimborso spese di un milione di lire (lettera conservata nell’archivio del museo, datata 12 settembre 1968), attesta la volontà dell’autore di comparire nell’istituzione museale triestina con un pezzo di riconosciuto valore.
“Superficie 322” appartiene alla fase matura del linguaggio segnico di Capogrossi, che vi era approdato dieci anni prima, nel 1949. (…) Nella lunga serie di ‘superfici’ l’opera del Revoltella si distingue per la notevole essenzialità compositiva, ottenuta riducendo la tavolozza al solo contrasto di bianco e nero e ingrandendo le dimensioni dei pochi elementi grafici, nessuno dei quali visibile per intero ma percepibile attraverso le spesse bande verticali che scandiscono lo spazio pittorico.