Piero Marussig. Aperta ancora oggi e domani

A cura di

Dal 2006-11-24 al 2007-01-29

Comune di Trieste – Assessorato alla Cultura – Civico Museo Revoltella

Mostra a cura di Claudia Gian Ferrari, Elena Pontiggia, Nicoletta Colombo
Con la collaborazione di: Fondazione Cassa di Risparmio di Trieste, Fondazione Kathleen Foreman Casali, Assicurazioni Generali
Museo Revoltella, via Diaz, 27, Trieste ñ tel. 040-6754350 fax 6754137 revoltella@comune.trieste.it
24 novembre 2006 – 29 gennaio 2007
orari: 9-18 feriali 10-18 festivi (martedì chiuso)- Ingresso: 5 euro (intero) 3 euro (ridotto). Catalogo: 16 Euro (Silvana editoriale)
VISITE GUIDATE il sabato e la domenica alle 11 e alle 16 (vedere comunicati settimanali)

A vent’anni dall’ultima mostra di Piero Marussig presentata a Trieste, il Museo Revoltella ospita fino alla fine di gennaio 2007 un’ampia antologica del pittore triestino morto a Pavia nel 1937 curata da Claudia Gian Ferrari, Elena Pontiggia, Nicoletta Colombo. L’occasione è stata offerta dalla recente pubblicazione, a firma delle stesse tre studiose, del catalogo generale dell’artista (Edizioni Silvana) che ha permesso di sistemare la vasta produzione di un autore che, per avere avuto “due vite” (nel 1919 lasciÚ Trieste per Milano e chiuse per sempre col mondo giuliano) non è mai stato conosciuto fino in fondo. Nell’area espositiva del soppalco dell’auditorium del museo sono esposti sessanta dipinti di particolare bellezza, provenienti per lo più da collezioni private e visti molto di rado nelle mostre degli ultimi vent’anni, tra cui la grande “Venere addormentata” del 1924 e alcuni affascinanti ritratti femminili come la “Signora in pelliccia” del 1920, la “Donna con garofano” dello stesso anno e altre figure di donne e adolescenti che ben documentano la felice stagione in cui Marussig fu uno dei fondatori, a Milano, del rinnovamento artistico del “Novecento” sostenuto da Margherita Sarfatti e culminato nelle mostre della metà degli anni Venti.
Ma le sorprese più grandi vengono forse dalla sezione riservata al periodo triestino, in cui sono esposti alcuni autoritratti e parecchie vedute della villa e del giardino di Chiadino, la collina sopra Trieste dove l’artista visse con la moglie fino al 1919. Rina Marussig, che egli sposÚ nel 1903, compare più volte in queste tele, ritratta in diversi momenti della giornata e in vari angoli della casa. Lo stile di queste opere è ancora fortemente influenzato dalla secessione viennese e dal post-impressionismo francese: Marussig aveva completato i suoi studi all’inizio del secolo tra Vienna, Monaco e Parigi e la sua produzione degli anni seguenti ne è l’inevitabile, ma originalissimo, esito. Colori vivaci, particolari, racchiusi entro contorni marcati e sinuosi, descrivono con leggerezza un ambiente domestico fatto di piccole abitudini quotidiane, isolato dal frastuono della città, pieno di poesia.
La mostra segue, perÚ, tutte le altre fasi della carriera di Piero Marussig e documenta anche altri soggetti da lui amati, che, dopo Trieste, furono anche le vedute della campagna lombarda, del lago d’Iseo e della Liguria, anche se il tema dell’”interno con figura” resta quello da cui la sua sensibilità sembra più attratta.

BIOGRAFIA
tratta dal testo di Elena Pontiggia in catalogo

Piero Marussig (Trieste 1879 – Pavia 1937 ), dopo essersi formato nella città natale sotto la guida di Eugenio Scomparini, un allievo di Grigoletti, decide di completare la sua formazione viaggiando tra le principali città europee, quali Vienna, Monaco e Parigi, dove viene a contatto con gli impressionisti, Van Gogh, Gauguin, Cézanne e Seurat. Dopo il matrimonio con Rina Drenik nel 1903, si reca a Roma per approfondire la sua conoscenza dei classici, appassionandosi specialmente a Tiziano: è di questo periodo la sua presunta prima partecipazione ad una mostra.
Tornato a Trieste, continua con una pittura tonale dalle dominanti pallide e azzurrate, alternando sperimentazioni con l’acquaforte, tra cui Ritratto di donna (1910). Del 1906 è la sua prima mostra documentata, all’Esposizione di Milano per l’inaugurazione del nuovo valico del Sempione: vi partecipa con due opere, Verso la terra e l’autoritratto Uomo che ride.
Intorno al 1912 avviene la sua prima svolta espressiva: nelle opere di ascendenza secessionista e monacense si insinua un’accensione espressionista del colore.
Da aprile a ottobre dello stesso anno, inoltre, per la prima volta partecipa con l’opera Sull’erba alla Biennale di Venezia, dove da questo momento sarà sempre presente. Nel marzo dell’anno successivo è presente alla II Esposizione Nazionale d’Arte di Napoli, sia in veste di organizzatore della sala triestina, sia come artista, esponendo Mia suocera e due paesaggi. Nello stesso periodo partecipa anche alla I Secessione Romana con La raccolta delle patate e In giardino.
Si hanno poche notizie del periodo di guerra. In questi anni, comunque, continua a dipingere, portando alle estreme conseguenze, in alcuni esiti, la vibrazione del segno. Opere come Alberi in fiore del 1917 si strutturano come un pulviscolo di colore-materia, innervato da un forte linearismo.
Si susseguono importanti esposizioni, come la presenza alla Quadriennale di Torino – alla Promotrice – nel periodo giugno-settembre del 1919 con Siesta, La casetta, Testa di vecchia, che lo rivelano al pubblico degli appassionati e agli occhi della critica, sottolineate dalla persistente presenza alle biennali veneziane.
E proprio in occasione di una mostra alla Galleria Vinciana di Milano, sempre nel ’19 viene a far parte della cerchia di Margherita Sarfatti. Si trasferisce quindi a Milano, dove abiterà fino alla morte.
Nel ’20 abbandona il periodo espressionista, approdando a un linguaggio più classico.
In marzo si apre nei sotterranei di via Dante 10 a Milano la Galleria Arte, diretta da Mario Buggelli: Marussig partecipa alla collettiva inaugurale con Bucci, Dudreville, Funi, Sironi, Arturo Martini, Carrà, de Chirico, Russolo, Zanini e altri artisti. Espone tre opere: Ritratto, Paesaggio, Natura morta. Proprio insieme a Bucci, Dudreville, Funi, Oppi, Malerba, Sironi e la Sarfatti si incontra periodicamente alla Galleria Pesaro per costituire un gruppo che persegua una “classicità moderna”, cioè una forma classica reinterpretata secondo una ricerca di sintesi. Il gruppo verrà chiamato Novecento Italiano (nome coniato da Bucci).
A novembre, alla Bottega di Poesia, partecipa con cinque opere ad una collettiva con Oppi, Malerba, Dudreville, Funi, Tosi, Salietti e altri artisti. » quasi un preludio alla mostra del “Novecento”.
7 dicembre: nella festa di Sant’Ambrogio il gruppo del Novecento Italiano si presenta alla Pesaro, iniziando a esporre a rotazione un quadro nella vetrina della galleria. I sette artisti si impegnano a esporre solo insieme, o comunque col consenso del gruppo. Ne uscirà il giorno successivo sul “Popolo d’Italia” un felice trafiletto della Sarfatti.
26 marzo 1923: si inaugura alla presenza di Mussolini la mostra permanente del “Novecento” alla Galleria Pesaro. Marussig, con Funi, Sironi, Oppi e Malerba sono presenti alla vernice, mentre Bucci e Dudreville si trattengono polemicamente al Caffè Cova, poco lontano dalla galleria. Successivamente Oppi si dimetterà dal gruppo.
Nel 1925 Marussig entra a far parte del Comitato Direttivo del Novecento Italiano, composto dalla Sarfatti (che perÚ d’ora in poi di lui parlerà solo frettolosamente), sei artisti (Marussig, Funi, Sironi, Tosi, Wildt e Salietti, segretario del gruppo), Gaspare Gussoni futuro proprietario della Galleria Milano, il sindaco di Milano Mangiagalli, e altre personalità.
A Roma al Palazzo delle Esposizioni è la III Biennale d’Arte romana; il “Novecento” è riunito in una sala: è la prima uscita del gruppo, dopo la sua rifondazione. Marussig espone qui il suo capolavoro, Due giovanette (Donne al caffè), ora nelle Civiche Raccolte di Milano, oltre a una Natura morta e a Bambina.
Si susseguono numerose esposizioni, anche all’estero, come a Londra (Exhibition of Modern Italian Art), Parigi (Première Exposition à Paris d’un Group de Peintres du Novecento Italiano), Ginevra (Exposition d’Artistes Italiens Contemporains) e Zurigo (Italienische Malerei), oltre che Amburgo, Berlino ed Amsterdam.
14 febbraio-30 marzo: I Mostra del Novecento Italiano a Palazzo della Permanente, presentata dalla Sarfatti. Numerose, e più positive rispetto alla Biennale veneziana del 1924, sono le recensioni.
Intorno al 1928 si avverte un nuovo mutamento nella sua pittura, che si apre a esiti cromatici più intensi. La sobrietà di tinte tipica della prima stagione novecentista lascia il posto a una stesura smaltata e luminosa.
A marzo si inaugura con la mostra “Sette pittori moderni” (Bernasconi, Carrà, Funi, Marussig, Salietti, Sironi e Tosi) la Galleria Milano, di proprietà di Gaspare Gussoni e del suo genero Vittorio Barbaroux, che da questo momento diventa la galleria dei novecentisti. Ma l’anno successivo si accentua il distacco di Marussig dallo stile del primo novecentismo, caratterizzato da una forma “decisa e precisa”, come teorizzava la Sarfatti. Il disegno appare ora più libero e mosso, con una tendenza compendiaria che si intensifica negli anni. Nel gruppo novecentista il suo colore è ora fra i più accesi. In questo periodo soggiorna per alcuni mesi in Liguria, ospite di Francesco Messina con cui stringe una viva amicizia e che eseguirà un suo famoso ritratto. Sempre più spesso, inoltre, si reca sul Lago Maggiore, a Laveno, e sul lago di Como e di Iseo: questi soggiorni avranno echi importanti nella produzione successiva.
Con Funi e lo scultore Timo Bortolotti apre, in via Vivaio 10, a Milano, una scuola d’arte, che si fonda sulla conoscenza del mestiere e si propone come una bottega antica.
Ancora esposizioni, come l’importante personale alla Galleria Milano nel periodo 27 novembre-10 dicembre1930. » la sua seconda personale milanese dopo quella del 1919 e documenta pienamente il mutamento stilistico della sua pittura. Numerose e lusinghiere le recensioni di Bonardi, Sironi, Somarè, Torriano. Trapela da questi scritti il dibattito in atto: critici vicini al “Novecento” come Somarè, Costantini e ovviamente Sironi sottolineano la continuità dell’opera dell’artista, pur nel variare dello stile, mentre Torriano ne accentua la dimensione “impressionistica” e anti-novecentista.
Nel 1931 non viene invitato alla I Quadriennale di Roma, nonostante la presenza di Margherita Sarfatti in commissione. Mantiene una posizione defilata anche nelle polemiche che si scatenano in questo periodo contro il “Novecento”. Continua comunque ad esporre nelle mostre del Novecento Italiano, ma la sua posizione è sempre più marginale. Mentre Sironi inizia la sua battaglia per la pittura murale, l’arte di Marussig, raccolta e intimista, poco adatta alla dimensione monumentale, è estranea all’ultima stagione novecentista. L’artista resta perÚ legato ai compagni di strada dai vincoli di una profonda amicizia e di una reciproca stima, e soprattutto con Funi e Messina sono i rapporti più stretti. Frequenta inoltre De Grada, suo figlio Raffaellino e Reggiani, ma rimane un artista appartato.
A febbraio espone alla Galleria Milano alla mostra “Artisti moderni” (Bernasconi, Carrà, De Amicis, De Grada, De Pisis, Funi, Marussig, Salietti, Sironi). Dalle recensioni sembra che abbia scelto, per quest’occasione, opere impostate su una nitida volumetria, nonostante la sua ricerca volga adesso verso una scioltezza segnica sempre più compendiaria.
Nel 1934 la sua pittura supera il pittoricismo veloce e impressionistico e torna a un disegno più preciso e compiuto. Esce nel frattempo il saggio di Costantini Pittura italiana contemporanea, di cui un vasto capitolo è dedicato a Marussig.
» del 1935 uno sporadico esito astratto (datato 1932, ma senz’altro da posticipare), già preannunciato da certe nature morte precedenti, di grande essenzialità, e testimonianza anche della frequentazione con Reggiani.
23 gennaio-14 febbraio 1937: collettiva “Venti firme” al Milione. La mostra, che comprende un ampio numero di novecentisti (Bernasconi, Borra, Funi, Martini, Marino, Marussig, Zanini), oltre a Campigli e De Chirico e al gruppo degli astratti, codifica, come dice il Bollettino, il “ritorno all’ordine” della galleria, che non si identifica più con l’astrattismo sostenuto gli anni precedenti. Marussig qui espone La zingara e Paesaggio.
In aprile la mostra del Milione si sposta a Genova, alla Galleria Genova, con il titolo “Venti firme dell’arte vivente”. In quell’occasione Marussig si reca nella città ligure, ma a luglio è costretto a ricoverarsi in ospedale al Policlinico di Pavia, accompagnato dall’amico Francesco Messina, per una grave malattia al fegato. Morirà il 13 ottobre dopo una lunga degenza per cirrosi epatica.
All’indomani della scomparsa scrive di lui Carrà: “Tutte le tele che Marussig ci ha lasciato rivelano la dirittura morale dell’artista disinteressato, tutta l’opera postula un principio ed un fine etico che in sé la trascendono. [Ö] Marussig avrebbe voluto essere nato per il sogno, e fino ad un certo punto la sua esistenza fu quella di un solitario. Egli era un aristocratico dello spirito, ed ebbe per l’arte una passione così pura e forte che forse non fu intesa neanche da noi che gli fummo vicini”.

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