“Svevo e gli artisti”. Da mostra a sezione permanente

Arte triestina tra Otto e Novecento. Gli amici di Italo Svevo

 

 

Nuova sezione della galleria d’arte moderna

BUON COMPLEANNO SVEVO!  2007

 

Il 19 dicembre 2007 il Museo Revoltella ha presentato, in collaborazione con il Museo Sveviano (collegato alla Biblioteca Civica Hortis, per maggiori informazioni www.retecivica.trieste.it), una mostra sui rapporti fra Italo Svevo e gli artisti triestini del suo tempo, alcuni dei quali, come Umberto Veruda, non solo furono legati a lui da una profonda amicizia, ma gli offrirono spunti di ispirazione per i personaggi dei suoi romanzi, ad esempio la figura di Stefano Balli, protagonista di “Senilità”.

Voluta dall’Assessorato alla Cultura per ricordare, come ormai è tradizione, il compleanno di Svevo, la mostra comprendeva una quarantina di dipinti e parecchi disegni di Umberto Veruda, Carlo Wostry, Isidoro Grunhut, Giuseppe Barison, Arturo Fittke, Max Liebermann, Arturo Rietti,ed Enrico Fonda, integrata da una preziosa raccolta di documenti provenienti dall’archivio del Museo Sveviano, lettere, fotografie, carte di altro genere, tutti inerenti i rapporti fitti e vivaci che lo scrittore triestino intrattenne per alcuni decenni con i pittori triestini, soprattutto con lo sfortunato Veruda. La lettura di queste carte, assieme alla visione dei dipinti, fa sicuramente nuova luce su un mondo di relazioni molto importante per la cultura triestina del tempo.

 

DA MOSTRA A SEZIONE PERMANENTE

 

Il vivo interesse manifestato dal pubblico della mostra e dalle scolaresche ha fatto sì che la mostra – costituita da materiali di proprietà del Museo Revoltella –  sia stata convertita in sezione permanente della Galleria d’arte moderna e abbia trovato nuova collocazione in una grande sala del quarto piano. Si è creata pertanto una nuova sezione del museo dedicata al tema “Italo Svevo e gli artisti triestini”.

Anche in questa versione, l’artista più rappresentato è Umberto Veruda, di cui il Revoltella possiede una cinquantina di opere, tra cui spicca il “Nudo di schiena” giunto in donazione nel 1932 da Livia Schmitz-Svevo. Accanto alle tele di Veruda (che è anche autore della serie di ritratti di artisti esposti in mostra) si possono vedere opere di altri pittori degli anni a cavallo tra Otto e Novecento, distribuite in cinque sezioni, come segue:

 

Prima sezione

Carlo Wostry, Isidoro Grünhut e Umberto Veruda: da TRIESTE A MONACO

Attorno al 1885 tre giovani triestini frequentano l’Accademia di Belle Arti di Monaco. Nella loro pittura di quegli anni e del periodo immediatamente successivo al ritorno a Trieste è molto evidente l’influsso della pittura tedesca, come testimoniano il grande ritratto del pittore Garzolini di Carlo Wostry (1888), e lo “Studio di vecchio” di Isidoro Grunhut (1885). La formazione dei tre artisti non avviene solo nelle aule dell’Accademia ma anche nelle frequenti visite alla Alte Pinakothek da cui certamente Grunhut trae ispirazione per il ritratto di Veruda del 1886, abbigliato come i personaggi effigiati dai pittori del Seicento (Velasquez, Rembrandt). Sulla parete di fronte i primi ritratti di Veruda a personaggi triestini, i coniugi Greenham e Carlo Piacezzi, eseguiti tra il 1889 e il 1890. Nella vetrina si possono vedere pubblicazioni, fotografie e documenti su Isidoro Grunhut, un pittore di grande talento morto ancor giovane nel 1896.

Seconda sezione

Ritratti e "conversazioni" di Umberto Veruda tra il 1892 e il 1895.

Sono gli anni in cui nasce e si consolida l’amicizia tra Umberto Veruda ed Ettore Schmitz/Italo Svevo, accomunati dal problema di fare capire la modernità delle proprie opere al pubblico e alla critica triestina. I giornali del tempo giudicano lo stile di Veruda sciatto e frettoloso, la committenza è formata solo da pochi amici ed estimatori. I successi arrivano solo quando il pittore si confronta con altre realtà, Venezia, Roma, Vienna, ecc. Migliore accoglienza hanno le sue ‘conversazioni’ mondane, più adatte al gusto del collezionismo locale. Un soggiorno veneziano accende i suoi colori (“Garanghelo” del 1892 né è un esempio) facendogli dimenticare la gamma di bruni del periodo monacense. Nella bacheca foto e documenti riguardanti la vita di Umberto Veruda.

Terza sezione

GLI AMICI DEL CIRCOLO ARTISTICO

Il Circolo Artistico Triestino nasce nel 1884 ed è presieduto a lungo da Eugenio Scomparini, maestro di tanti pittori cittadini. Luogo di discussioni artistiche ma anche di feste e scherzi, conta centinaia di soci e ruota attorno ad alcune personalità più spiccate, tra cui c’è naturalmente Umberto Veruda ma anche altri protagonisti dell’arte triestina di fine Ottocento. Veruda è autore della bellissima serie di ritratti di artisti triestini ora posseduta dal museo, dove giunse in parte attraverso la donazione degli eredi Svevo. Oltre ai volti di Ugo Flumiani, Giovanni Mayer, Augusto Crotti, Guido Grimani, Pietro Fragiacomo, Giovanni Zangrando, Giuseppe Barison, si può vedere un ritratto di Veruda dipinto da Max Liebermann. In bacheca sono esposte lettere degli artisti a Svevo e di Svevo agli artisti, assieme a fotografie che ritraggono Veruda durante l’ultimo soggiorno a Murano, ospite di Svevo, poco prima di morire, nel 1904. Alla parete vediamo la sua ultima opera “Fondamenta a Burano”.

 Quarta sezione

RITRATTI DI PITTORI TRIESTINI E ALCUNE LORO OPERE – 1

La pittura triestina di fine Ottocento non è rappresentata solo da ritratti; ci sono alcuni artisti che raggiungono risultati eccellenti anche nel paesaggio e soprattutto nella marina, come è il caso di Guido Grimani capace di cogliere con particolare abilità i riflessi della luce del sole sulla superficie del mare (ed anche Ugo Flumiani, esposto poco più in là), o Giuseppe Barison, autore di impronta ancora romantica, documentato da uno scorcio veneziano intitolato “Barcarola”. Risente ancora dei toni cupi della pittura tedesca Giovanni Zangrando, di cui si può vedere “La vedova” del 1894. Sulla parete di fronte un caratteristico ritratto di Arturo Rietti.

Quinta sezione

Ritratti di altri pittori triestini e alcune loro opere – 2

L’ultima parte del percorso ospita due personaggi dal destino opposto e molto diversi anche per contenuti e linguaggio: Eugenio Scomparini, maestro riconosciuto e autore di grandi opere decorative per teatri ed edifici pubblici, affascinato dalla letteratura e dalla mitologia; Arturo Fittke, figura appartata, osservatore dei fatti più semplici della vita, attirato dal plein air e dall’impressionismo, dotato certamente di un certo talento ma deluso dal rapporto con il sistema dell’arte e destinato a chiudere tragicamente la sua vita nel 1910.

 

 

 

BIOGRAFIA DI UMBERTO VERUDA (1868-1904)

 

Considerato il principale innovatore della pittura triestina della fine del XIX secolo, Umberto Veruda condivise con l’amico Ettore Schmitz/Italo Svevo il dispiacere che le sue opere non incontrassero il consenso del pubblico triestino, ancora molto tradizionalista in fatto di gusti artistici. Sappiamo che i due primi romanzi di Svevo (Una vita, 1892; Senilità, 1898) furono dei grandi insuccessi. Anche Veruda, in quegli anni, era un artista incompreso, per cui si creò facilmente tra i due una grande solidarietà.

* * *

La vita di Umberto Veruda è piuttosto breve e intensa, ma non per questo la sua opera viene dimenticata ed egli è unanimemente riconosciuto, anche se tardivamente, come il maggior pittore cittadino del secondo Ottocento.

Nato a Trieste nel 1868, su consiglio del pittore Giuseppe Garzolini (che qui vediamo nel grande ritratto a tutta figura eseguito da Carlo Wostry), si iscrive all’Accademia di Monaco. Vi rimane per due anni condividendo l’esperienza di studio con gli amici Isidoro Grünhut e Carlo Wostry, e vi ritornerà ancora nel 1889, dopo essere stato a Parigi per alcuni mesi.

Grazie al “Premio Rittmeyer”, ottenuto con il dipinto Miserere (1889), trascorre un paio d’anni di studio a Roma, dove si fa subito notare per il suo talento, al punto che la sua opera Sii onesta (1890) esposta alla mostra nazionale viene acquistata dalla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma. 

A Trieste, invece, dove le sue opere vengono regolarmente esposte nella famosa Galleria Schollian, riceve quasi sempre critiche negative e il suo stile, più moderno e disinvolto di quello dei pittori accademici, è scambiato dai critici e dal pubblico per incapacità tecnica. Non riesce, pertanto, ad affermarsi come ritrattista e può contare solo su una ristretta cerchia di ammiratori.

Frequentando il Circolo Artistico (costituitosi nel 1884) Veruda stringe amicizia con quasi tutti i pittori del tempo, di cui rimangono dei bellissimi ritratti (nella foto quello di Giovanni Zangrando), a lungo conservati nella sede del Circolo e ora presenti in questa sala. Egli è il più vivace animatore della scena artistica triestina, ed è ricordato anche come un personaggio bizzarro, un dandy piuttosto stravagante.

Viaggia molto, tra Vienna, Berlino, Parigi e Budapest, e partecipa a mostre importanti, tra cui vanno ricordate le Esposizioni Nazionali di Roma del 1890 e del 1893, nonché le Biennali veneziane del 1899 e del 1903.

Nell’ultimo decennio è influenzato senz’altro dall’impressionismo tedesco, anche attraverso la conoscenza di Max Liebermann (che gli fa un ritratto,  esposto più avanti). Quest’influenza è riconoscibile soprattutto in alcuni ritratti e autoritratti realizzati da Veruda negli ultimi anni di vita (1899-1904), in cui la ricerca di una maggior luminosità si accompagna ad una pennellata rapida e sgranata.

Veruda muore improvvisamente nel 1904, dopo una breve malattia insorta durante il suo soggiorno a Murano, dove era ospite nella casa di Svevo.

 

 

 

 

 

 

 

 

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