Tema di oggi: i pittori e la neve. Giorgio Morandi

Diceva Federico Zeri, a proposito di Giorgio Morandi: "mentre tutti lo conoscono come autore di nature morte, pochi sono a conoscenza dell’altra sua attività, quella di pittore di paesaggio.[…] Io considero questi dipinti fra i più alti capolavori del paesaggismo di tutti i tempi. In essi si sente un’affettuosa attenzione verso l’opera giovanile di Corot; talvolta si percepiscono riflessi molto mediati e trasfigurati di Cézanne".
Morandi stesso dichiarava riassumendo le sue preferenze artistiche: "Dipingo e incido paesi e nature morte". Ma divenne celebre come pittore di nature morte, anzi “di bottiglie”, per quelle sue sobrie composizioni piene di vasetti, bricchi, bottiglie, ciotole. "E dire che i paesaggi li amavo di più" – avrebbe dichiarato in seguito – confessando anche "ma bisognava viaggiare e soffermarsi in un posto o nell’altro e ritornarvi per completare il lavoro”. Forse per la fatica che comportava la pittura all’aperto, la necessità di recarsi più volte in un luogo, Morandi vi si dedicò meno frequentemente.
La vita dell’artista si svolgeva tra lo studio bolognese di via Fondazza e la casa di campagna di Grizzana, borgo collinare tra Bologna e Firenze, dove passò le estati e gli anni di guerra.
Il Paesaggio del Museo Revoltella fu dipinto a Grizzana nel marzo 1944. Morandi vi era arrivato nel giugno del ’43 con l’idea di trascorrervi solo l’estate. La situazione bellica lo costrinse però a fermarsi fino ai primi di settembre del ’44, quando finalmente poté rientrare a Bologna. In questi quattordici mesi, grazie al contatto con la natura, maturò una consapevole rassegnazione agli eventi e, come ha rilevato Francesco Arcangeli, accettò quella condizione di estrema solitudine come “mortalmente serena”.
La sua attività pittorica, però, fu molto ridotta: tra tutti i paesaggi eseguiti dall’artista soltanto tre risultano datati 1944. Come scrisse allo stesso Arcangeli, per poter dipingere all’aperto era necessario disporre di un permesso del Comando Regionale dell’Esercito Italiano; scaduta questa autorizzazione e aumentato il pericolo di bombardamenti, da partire dal settembre del ’43 egli si dovette limitarsi a riprendere il paesaggio dalle finestre delle due stanze all’ultimo piano di Casa Veggetti.
Da questo punto di vista sopraelevato dipinse presumibilmente anche l’opera del Revoltella, eseguita in occasione dell’ultima nevicata caduta sulle colline grizzanesi, nel marzo del 1944. Morandi non accenna qui minimamente all’approssimarsi della primavera, ma dipinge una neve livida che risalta contro il grigio del cielo e del suolo; l’effetto suggerito è quello di una desolante solitudine, ulteriormente accentuata dalla totale assenza della figura umana e di edifici che ad essa rimandino. Paralizzata sotto un manto di neve ed un cielo immobile, la natura sembra perdere consistenza materiale e, come ha scritto Marilena Pasquali, “si svuota di ogni fisicità fino a quasi toccare l’astrazione di un “adagio” musicale ricco di intervalli e di lunghe note gravi”.

 

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