Nell’anno delle celebrazioni per i 700 anni dalla morte di Dante Alighieri, il Servizio Musei e Biblioteche del Comune di Trieste ha ideato una serie di “pillole” dantesche online denominate “Dante per tutti, tutti per Dante”, cui partecipa anche il Museo Revoltella (per saperne di più dantepertutti.online.trieste.it).
Agli approfondimenti pubblicati ogni lunedì, mercoledì e venerdì dai nostri musei e dalle nostre biblioteche, il Museo Revoltella ha voluto affiancare una piccola esposizione, allestita in una saletta al quinto piano della galleria. Si tratta di un percorso molto interessante e vario, che include disegni e acquerelli, un bozzetto a tempera, un busto in bronzo ed è corredato da edizioni dantesche e medaglie celebrative esposte presso la biblioteca storica al pianterreno.
Allestimento al quinto piano della Galleria d’arte moderna
“I tormenti immaginati dal divino poeta” nella produzione grafica di Giuseppe Lorenzo Gatteri
Del pittore Giuseppe Lorenzo Gatteri (Trieste 1929 – 1884) sono esposti quindici disegni di diverse dimensioni dedicati all’Inferno della Divina Commedia, provenienti dal cospicuo lascito Matilde Weber Gatteri (Trieste 1904), sorella dell’artista, che interpretano alcune delle figure e dei passaggi più noti della straordinaria cantica infernale (Canti III, V, VI, VII, X, XXI e XXXI). Realizzati in vista della ricorrenza importante del sesto centenario della nascita di Dante, tra la fine degli anni Quaranta e la metà degli anni Sessanta del XIX secolo, i quindici disegni, realizzati a penna, acquerello e matita di grafite, interpretano con emozionante visionarietà e notevole potenza creativa alcune immagini indimenticabili e figure immortali della cantica infernale.
Ammiratore convinto di Gatteri e fervido sostenitore dei suoi lavori, ispirati all’Inferno dantesco, fu il pittore Cesare Dell’Acqua (Pirano d’Istria 1821 – Bruxelles 1905), di cui quest’anno ricorrono i duecento anni dalla nascita. «So che tu hai una delle commissioni e che componesti soggetti tratti dal Dante, – scrive Dell’Acqua da Bruxelles a Gatteri in una lettera del 9 aprile 1865 conservata presso l’Archivio Diplomatico della Biblioteca Civica Attilio Hortis di Trieste – che ti proponi di mandare a Firenze per l’epoca che colà si celebrerà il nascimento dell’altissimo poeta. La tua fervida fantasia avrà trovato nuovi aspetti per presentare i tormenti immaginati dal divino poeta. Io non posso ch’esortarti ad inviare codesti tuoi componimenti che ti faranno grande onore […]». Dell’Acqua prosegue poi con queste lusinghiere parole: «Io devo dirti che, se eccetti Gustave Dorè, non conosco chi si potesse paragonare a te per bella immaginazione e per scienza di storia e di costumi […]».
Dello stesso artista sono esposti anche alcuni disegni e bozzetti preparatori che sviluppano un episodio della vita di Dante da esiliato politico, ovvero la sua visita a Cangrande della Scala a Verona, intorno al 1316.
Da uno studio recente sui disegni esposti, si ritiene che la scena rappresenti Dante al cospetto del vicario imperiale di Verona, nell’atto di consegnargli la XIII epistola. In questo importante documento, che suggellava il sostegno e l’ammirazione del poeta per Cangrande, il quale voleva realizzare nell’Italia settentrionale un esteso e potente Stato ghibellino, il poeta dedica al signore veronese la cantica del Paradiso, appena iniziata, e gli fornisce alcune spiegazioni sul contenuto della Divina Commedia in generale.
Lo studio per i funerali di Dante di Carlo Wostry
Al pittore Carlo Wostry (Trieste 1865 – 1943) appartengono il bozzetto su cartone intitolato Studio per i funerali di Dante e l’acquaforte intitolata Le città irredente recano le lampade votive alla tomba di Dante.
Questo prezioso bozzetto (tecnica mista su cartone, 46×71 cm, inv. 192_St., lascito Stavropulos 1966), firmato in basso a sinistra da Carlo Wostry, faceva parte del progetto di decorazione degli interni della Basilica di San Francesco a Ravenna, come si nota anche dal supporto quadrettato scelto dall’artista e dalle annotazioni numeriche da lui riportate.
Nel 1921, in vista del sesto centenario della morte di Dante, il Ministero della Pubblica Istruzione aveva bandito un Concorso Nazionale per la realizzazione, poi mai eseguita, della decorazione interna della chiesa di Ravenna, che prevedeva scene tratte dalle cantiche dantesche e dai funerali di Dante nelle navate laterali, nella controfacciata e nell’abside.
Al concorso, che vide la partecipazione di 18 artisti, Wostry ottenne il terzo posto, al secondo si qualificò Guido Cadorin (1892 – 1976) e al primo Adolfo De Carolis (1874 – 1928), ma l’improvvisa morte del vincitore impedì la realizzazione dell’opera che rimase allo stato di progetto.
L’artista triestino si dedicò ai generi più svariati e a diverse tecniche, tra le quali l’olio, l’acquerello, il pastello, la matita, l’acquaforte, la scultura, il mosaico, dimostrando sempre grande talento. Sicuramente il suo stile si distinse nell’opera grafica: formidabili sono le caricature in cui Wostry ritrae amici e colleghi nella Storia del Circolo Artistico di Trieste del 1934. Allo stesso tempo nel bozzetto qui presente risaltano le sue doti di narratore di episodi, descritti con essenzialità raffinata.
Ricordiamo che nel 1887 un giovanissimo Wostry, di ritorno dall’Accademia di Monaco di Baviera, realizzò quattordici dipinti in soli tre mesi per la realizzazione della Via Crucis, collocati nella Chiesa di S.Maria Maggiore di Trieste. Anche in quell’occasione i disegni preparatori erano dei bozzetti già ben definiti e nel lavoro finale Wostry dimostrò di padroneggiare la tecnica pittorica anche nelle grandi composizioni.
Carlo Wostry: le citta’ irredente recano le lampade votive alla tomba di Dante
Nel 1908 Carlo Wostry, dopo aver presentato alcune opere a Firenze all’Esposizione degli artisti italiani, soggiornò per un periodo in Cadore e a Madonna di Campiglio, realizzando alcuni disegni di memoria dantesca. In quello stesso anno incise l’acquaforte qui esposta, in cui sono rappresentate le cinque vergini sagge che simboleggiano le cinque province irredente: Trieste, Trento, Gorizia, la Dalmazia e l’Istria. Il versetto evangelico “Prudentiae virgines aptate vestras lampadas vigilate itaque; quia nescite diem neque boram” infatti lascia intendere un significato politico. Nel 1907 era stato istituito il “Comitato pro Ampolla”, che pubblicò un manifesto in cui si dichiarava che la Società Dantesca “interprete della grande anima di Firenze, accende alla tomba di Dante in Ravenna una lampada eterna…Trieste…s’accorda con la città sorella, e offre per le regioni nostre l’ampolla onde fluisca perpetuo alimento alla sacra fiamma” (“Il Palvese”, 24 novembre 1907).
Pertanto il Circolo Artistico di Trieste bandì tra gli artisti giuliani un concorso per la realizzazione di un’opera dedicata a Dante: a Firenze, che aveva già l’ampolla compiuta, si attese che fosse pronta l’ampolla triestina per farle splendere assieme entrambe.
Nel 1908 Wostry, assieme ad altri artisti triestini tra cui Glauco Cambon e Giovanni Mayer, col fine di dichiarare l’italianità di Trieste, portarono l’ampolla per l’olio modellata da Giovanni Mayer e l’acquaforte qui presente.
L’eleganza dei soggetti e la morbidezza delle vesti in movimento rimandano allo stile preraffaellita e alle linee sinuose del Liberty, con il quale Wostry era venuto probabilmente in contatto durante la sua formazione viennese.
Il busto di Dante di Vincenzo Vela
Il ritratto scultoreo di Dante realizzato da Vincenzo Vela (Ligornetto 1820 – 1891) giunse nelle collezioni del Museo Revoltella nel 1927, grazie alla donazione dello scrittore Antonio Caccia (Trieste 1829 – Lugano 1893), uno dei più importanti collezionisti della Trieste ottocentesca. È probabile che quest’ultimo, la cui famiglia proveniva da un piccolo paese sulle sponde del lago di Lugano, abbia acquistato l’opera di Vela dopo averla vista all’Esposizione agricola, industriale e di belle arti triestina del 1871.
Vela, come in altre occasioni, descrive con efficace realismo Dante assorto e preoccupato per i destini dell’Italia, senza aggiungere nessuna inutile decorazione all’essenzialità della figura. La scultura rappresenta una delle numerose fusioni in bronzo, il cui prototipo è il modello in gesso, conservato al Museo Vela di Ligornetto e realizzato nel 1857, come si evince da una lettera di Massimo D’Azeglio datata 1 gennaio 1858, in cui lo scrittore, presidente del Circolo degli Artisti di Torino, ringraziava l’artista per la donazione di un busto di Dante.
Lo scultore ticinese fu un grande ammiratore dell’Alighieri, al quale si sentiva molto legato per la comunanza di ideali patriottici e per le sue posizioni anticlericali e numerose sono le repliche in marmo, bronzo e gesso, per committenze pubbliche e private, del gesso della casa-museo di Ligornetto.
Ricordiamo quelle conservate alla Galleria d’Arte Moderna di Torino (che possiede sia il marmo che il bronzo), le fusioni della Galleria d’Arte Moderna di Milano, del Museo Civico di Correggio e la versione in marmo del 1879 del Municipio di Lugano, donato dall’artista alla città per aver ricevuto la cittadinanza onoraria.
Nel 1864 Vela realizzò per il comune di Padova, in vista del secentesimo anniversario della nascita di Dante, due statue monumentali dedicate a Giotto e a Dante, destinate a Prato della Valle e poi collocate nel porticato del Palazzo della Ragione. Una riduzione della statua dantesca di Padova si trova sulla facciata della residenza di Ligornetto.
Dante nella biblioteca di Pasquale Revoltella
Tra gli scaffali dell’imponente libreria in noce sita al pianterreno, coronata dai busti lignei di uomini illustri, tra cui quello di Dante Alighieri, si conservano tre edizioni dantesche di particolare interesse.
Tra i 1.800 volumi che compongono la biblioteca di Pasquale Revoltella troviamo infatti la prima edizione del commento alla Divina Commedia dello scrittore e patriota Niccolò Tommaseo (1802 – 1874), stampato a Venezia dalla Società del Gondoliere nel 1837 in 1.500 copie. Il commento di Tommaseo, grande appassionato dell’Alighieri sin da fanciullo, costituì un fondamentale punto di riferimento per la filologia dantesca dell’Ottocento, contando numerose ristampe sino al Novecento.
Il viaggio in Italia di Teodoro Hell sulle orme di Dante
Pubblicato a Treviso nel 1841, è la curiosa guida ai luoghi danteschi che, prima di essere tradotta in italiano, fu pubblicata in Francia e in Germania, a testimonianza della grande diffusione e apprezzamento di Dante in Europa. Nella guida vengono illustrate non solo le città in cui visse Dante, come Firenze, che gli diede i natali, o Ravenna, dove morì e fu sepolto, ma anche località dove sono presenti affreschi ispirati alla Divina Commedia, come ad esempio il celebre ciclo di Luca Signorelli nel Duomo di Orvieto.
Particolarmente importante è la prima traduzione in ebraico della Divina Commedia, che fu stampata a Trieste nel 1869 ed è opera di un triestino, il medico Saul Formiggini (Trieste, 1807-1873), tra l’altro autore, insieme a Revoltella, Pietro Kandler e Giovanni Battista Scrinzi, della nota guida Tre giorni a Trieste (1857). Formiggini riuscì a pubblicare solo l’Inferno (Sefer Mar’ot Elohim ), mentre il Purgatorio e il Paradiso rimasero inediti.
Accanto ai libri nella biblioteca di Pasquale Revoltella sono presenti anche tre medaglie di soggetto dantesco, coniate a suggello di tre distinte celebrazioni ottocentesche. La medaglia di dell’udinese Antonio Fabris (1792-1865) del 1831 fu infatti coniata a testimonianza dell’erezione del cenotafio di Dante nella basilica fiorentina di Santa Croce nel 1830.
La medaglia di Niccolò Cerbara (1793-1869) del 1844, con l’effigie di Dante desunta dal ritratto giottesco scoperto nel 1840 nel Palazzo del Bargello, fa invece parte di una serie destinata a celebrare cento personalità illustri italiane.
Infine la medaglia di Francesco Broggi fa riferimento alle celebrazioni triestine del 1865 per i seicento anni dalla nascita di Dante. In tale occasione, la Società di Minerva, in collaborazione con il Municipio di Trieste, organizzò, sotto l’attenta sorveglianza della polizia austriaca, che temeva derive nazionalistiche, una grande festa allietata da componimenti poetici e musicali e sugellata dal conio di questa moneta celebrativa e dallo svelamento del busto marmoreo di Luigi Minisini.
Direttrice Servizio Musei e Biblioteche
Laura Carlini Fanfogna
Responsabile di PO Musei Storici e Artistici
Stefano Bianchi
A cura di
Giuliana Fisicaro, Susanna Gregorat e Federica Moscolin