Nel 1887 il Curatorio fece degli acquisti davvero prestigiosi rivolgendo l’attenzione ancora una volta all’Esposizione Nazionale d’Arte di Venezia, dove il presidente del Curatorio suggerì alcuni artisti, tra cui il pittore lombardo Giorgio Belloni (Codogno 1861 – Azzano di Mezzegra 1944), che esponeva il dipinto Torna il sereno. L’opera si inseriva in un progetto ben chiaro di acquisizioni che il Curatorio cercava quanto più possibile di perseguire anno dopo anno, presso le più importanti esposizioni nazionali e straniere, in modo da garantire nelle collezioni la presenza di una certa varietà di soggetti e scuole pittoriche.
Nel giornale triestino “L’Indipendente” si poteva leggere: “A Venezia la tela del Belloni […] piaceva moltissimo e il Curatorio l’acquistò, anche per amore alle varie scuole, questa maniera spigliata, franca che accenna di appartenere all’impressionismo moderno”. Pertanto, nonostante in quel momento la galleria sembrasse più interessata ad acquistare opere dal tema sociale o di genere, si optò comunque per il paesaggio di Belloni, definito dal critico Silvio Benco nel 1910 “un bel fiammare di crepuscolo giallo in fondo ad una campagna zuppa di pioggia”, a condizione però che l’artista fosse disposto ad abbassare il prezzo di vendita dalle 3000 alle 1500 lire. Alla fine la trattativa si chiuse con la richiesta da parte del giovane pittore di un compenso di 1750 lire.
Il dipinto, che è stato spesso confuso con un’altra opera dello stesso Belloni dal titolo Tramonto sereno, presentato nel 1895 alla I Biennale di Venezia, è caratterizzato da una pennellata rapida e larga, che tralascia i dettagli. Ormai con la pittura di paesaggio non si ricercava più un’accurata descrizione topografica, nè una tendenza al sublime, ma si proiettava ancora nella rappresentazione della natura la condizione psicologica dell’uomo. Il pittore lombardo, infatti, scegliendo di descrivere la calma che segue ad un temporale, conferisce alla tela un significato lirico-sentimentale. Non si può non notare però che l’artista alluda anche a delle tematiche sociali, introducendo la presenza umana nello scorcio paesaggistico. Sullo sfondo, la cui resa luministica dell’orizzonte è sapientemente realizzata, il treno che lascia una scia di fumo contrasta con il lento procedere dei vecchi calessi e con le povere tende adibite ad un riparo di fortuna.
Infine, osservando il capolavoro, esposto attualmente al quarto piano della Galleria d’arte moderna del Museo Revoltella, sembra quasi di percepire l’atmosfera pregna di umidità del paesaggio e il ‘sereno’, che ‘ritorna’ dopo l’acquazzone, ci rimanda una piacevole sensazione di quiete.