“Attesi per qualche tempo allo studio della figura, ma da circa un trentennio – scrive di sé Tosi nel 1931 – mi sono dedicato quasi esclusivamente alla pittura di paese e nature morte.” Conosciuto per i suoi paesaggi lombardi luminosi e inconfondibili nella loro pienezza cromatica ed essenzialità formale, Arturo Tosi, tra i maggiori protagonisti della pittura italiana della prima metà del Novecento, nel corso della sua produzione artistica predilige particolarmente il rapporto diretto e profondo con la natura. “Ricerca della luce”, “natura come verità e sentimento” (Carrieri, 1938), sono i caratteri fondamentali che stanno alla base della sua pittura, sviluppatasi a partire dalla tradizione lombarda e, in seguito, consolidatasi sulle esperienze francesi del post-impressionismo di un Bonnard e sulla ricerca geometrico-formale di un Cézanne.
Dei due paesaggi di Arturo Tosi di proprietà del Museo Revoltella, quello intitolato “Garzana”, su cui oggi ci soffermiamo, è pervenuto nelle collezioni museali grazie alla donazione della Presidenza del Consiglio (1955) e, come già accennato nel precedente approfondimento su queste pagine, fu acquistato alla Galleria del Cavallino di Venezia di Carlo Cardazzo, assieme al Paesaggio di Morandi e alla veduta buranese di Semeghini.
Diversamente dall’altro dipinto di Tosi del Museo Revoltella, in cui è raffigurata un’ampia veduta dell’agro di Rovetta, soggetto molto amato dal pittore varesino, che nella bergamasca Val Seriana trascorreva diversi mesi all’anno, in “Garzana” è raffigurato uno scorcio del Lago d’Iseo, ripreso dal giardino di casa di una conoscente dell’artista, la signora Flora, residente a Montisola, l’isola più estesa del suggestivo lago lombardo. Al centro della veduta, tra le geometriche quinte della recinzione del giardino, su cui svettano le chiome tormentate degli alberi resi nei caratteristici toni grigio-verdi della natura di Tosi, s’intravede il profilo dell’isolotto di San Paolo, appena intuibile in mezzo al lago dalle tinte azzurrognole.
Di questo scorcio, in cui sono mirabilmente riuniti i colori tipici della tavolozza di Tosi, il rosso e l’ocra, il viola, il grigio, il verde e l’azzurro, si conoscono altre versioni conservate in collezioni private, di cui una realizzata all’acquerello, tecnica da lui privilegiata verso la fine degli anni Trenta.
Le vedute di Rovetta, assieme a quelle della Riviera ligure e del Lago d’Iseo si ripetono costantemente anche nel decennio successivo, senza timore di arida ripetitività, come è ben espresso nelle parole di Scheiwiller che seguono: “[…] che la scelta del paesaggio si limiti a quello bergamasco e ligure e negli ultimi anni a quello del lago d’Iseo è verissimo; ma che nel ritrarre le loro sembianze, anche quando ricorre più volte allo stesso paesaggio, il pittore si ripeta, io lo nego assolutamente.”– afferma l’editore nel ’42, nello svelare l’aspetto più affascinante del pittore lombardo.
“Ogni tela – prosegue Scheiwiller- ha una fisionomia ben distinta e inoltre fortemente personale. […] Data l’indole del pittore in sommo grado sensibile allo spettacolo della natura nelle sua varie fasi atmosferiche, una ripetizione meccanica dello stesso soggetto è senz’altro esclusa. Pur essendo negato al pittore di penetrare nei misteri della natura, egli riesce attraverso il suo sogno poetico ad ingannare se stesso e lo spettatore sulla realtà del soggetto interpretato. Riesce ad afferrarne la veste materiale, eliminando mercè l’ausilio della propria tecnica pittorica la parte caduca di quella materialità visiva. Ora questo inganno per chi lo concepisce e per chi lo subisce non può essere lo stesso, non può insomma ripetersi. Non è dunque la ripetizione dello stesso soggetto, ma il modo di illuderci su di esso che conta; è nell’opera di Tosi l’illusione che il pittore ci offre varia di volta in volta.”
BIOGRAFIA
ARTURO TOSI
Busto Arsizio/Varese 1871 – Milano 1956
Dopo la prima formazione artistica maturata presso il pittore svizzero italiano Feragutti Visconti, frequenta la Scuola Libera del Nudo all’Accademia di Brera. In occasione della partecipazione alla Permanente di Milano nel 1891 conosce e stringe amicizia con Vittore Grubicy. Avvicinatosi, grazie a quest’ultimo, alla pittura lombarda di fine Ottocento (per lo più Cremona, Ranzoni, Gola), Tosi unisce alla grande sensibilità cromatica sveltezza e libertà esecutiva; rifiuta invece i modi divisionisti e le sperimentazioni avanguardistiche. Nel 1909 espone per la prima volta alla Biennale di Venezia (dove sarà regolarmente presente fino al 1956), e nel 1911 all’Esposizione Internazionale di Roma. L’attenzione della critica si rivolge all’opera di Tosi in occasione della partecipazione alla Fiorentina Primaverile del 1922. L’anno seguente espone presso la Galleria Pesaro di Milano numerosi dipinti e disegni, manifestando una particolare meditazione sull’opera di Cézanne. In questo periodo Tosi si avvicina al gruppo del Novecento Italiano, ricevendo da Margherita Sarfatti l’invito a far parte del comitato direttivo. Inizia quindi un’intensa attività espositiva, partecipando alle mostre italiane ed estere del movimento e, dal 1928, a quelle del Sindacato regionale fascista della Lombardia. Incrementano, nel frattempo, i riconoscimenti: nel 1929 viene chiamato a far parte della Commissione per gli acquisti della Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Venezia, nel 1931 riceve il premio Crespi alla I Quadriennale d’Arte di Roma ed il “Grand-Prix” della pittura all’Esposizione Mondiale di Parigi. Nel 1941 e nel 1942 è presente alla II ed alla IV edizione del Premio Bergamo, rivelando il permanere del suo interesse per il paesaggio, reso con tonalità tenui e luminose che conferiscono profondità e valore atmosferico alle immagini. Nel 1951, in occasione dell’ottantesimo compleanno dell’artista, si è tenuta un’importante antologica presso la Galleria Civica di Milano.