Nel lungo corso della storia del Museo Revoltella un appuntamento irrinunciabile, per il Curatorio e la politica delle acquisizioni, fu la Biennale di Venezia. Fin dalla gloriosa fondazione dell’importante esposizione di respiro internazionale, avvenuta nel 1895, il museo prescelse, infatti, di biennio in biennio e per lungo tempo, opere di rilevante valore e significato.
All’edizione del 1901, nella sala toscana, campeggiava il grande dipinto del pittore senese Lionello Balestrieri (Cetona 1872 – 1958), intitolato Beethoven e acquistato proprio in quella occasione dal Curatorio.
Le notevoli dimensioni di quest’opera fecero molto scalpore alla mostra veneziana: il pubblico era rapito da questa raffigurazione d’ambiente bohémien parigino, rappresentato con enfasi dall’artista che viveva da qualche tempo nella capitale francese.
Balestrieri seguiva ancora fedelmente gli insegnamenti del pittore napoletano Domenico Morelli, da cui aveva mutuato la non comune capacità di mettere sulla tela i propri sentimenti. Egli stesso spiega nella sua autobiografia inedita come il maestro guidasse i suoi allievi a “studiare nella vita le passioni, la poesia dell’amore”, “a far intravedere nell’ombra figure che paiono fantasmi, a far sentire la tristezza e il dolore degli infelici”.
Nel Beethoven sembra che il pittore si affidi totalmente alla lezione morelliana per ricreare l’atmosfera bohémien della Parigi fin de siècle, nell’ambiente raccolto dello studio/dimora che condivideva con l’amico musicista e poeta Giuseppe Vannicola.
Quest’ultimo, come al di sopra di un palcoscenico, sulla destra dell’ampia scena, immerso in una spettacolare controluce, viene ritratto nell’atto di suonare con fervore e passione “La sonata a Kreutzer” per violino e pianoforte di Ludwig van Beethoven.
L’ampia sala, densa di dipinti e calchi in gesso, occupata dagli amici in rigoroso e concentrato ascolto dell’esecuzione, trova il suo apice espressivo proprio nella figura dell’amico violinista, bilanciata dalle due figure in primo piano, sul divano a sinistra, assorte e rapite dalla potenza della musica. I due amici seguiranno destini diversi: Balestrieri metterà su famiglia mentre il musicista continuerà a condurre una vita scapestrata. Il pittore sarà a lungo ossessionato dall’immagine dell’amico tormentato e curvo sul suo violino, che diffondeva una musica in grado di toccare l’animo di chi l’ascoltava.
L’esecuzione dell’opera Beethoven richiese molto tempo, tanto che Balestrieri ricorda di aver “raschiato e rifatto almeno venti volte” il ritratto del Vannicola “fatto di soli ricordi”, ma anche l’immagine di se stesso, che si può riconoscere nel giovane di profilo in primo piano.
La tela, che si può ammirare al quarto piano della Galleria d’arte moderna, rappresenta pertanto “cose vere e immaginate ad un tempo”, così come insegnava il maestro Domenico Morelli.