Parla Marta Gruber: il lessico familiare nei miei ricordi.

“Lessico familiare. La donazione Gruber Benco”Öle piace il titolo della Mostra?

Certamente: rappresenta davvero quello che volevo fosse la donazione: una restituzione dei “doni” della famiglia Gruber alla città. Tutti le opere esposte, infatti, sono state donate dagli artisti alla famiglia Benco e quelli più moderni a mia madre e mia sorella. Il lessico indica il linguaggio spirituale che lega tutti i miei cari: i miei nonni, mia madre, mio padre, mia sorella, meÖin un tragitto comune. Donazione Gruber Benco significa ricordarli tutti, ma soprattutto mia madre che questi due cognomi ha portato e che tutto ha salvato di ciÚ che la guerra prima, i traslochi poi avrebbero potuto disperdere. Quindi Villa Gruber è il luogo da cui proviene tutto ciÚ che è esposto, per sempre consegnati alla città in cui quegli artisti hanno vissuto e operato. E mi commuovo quando qualcuno mi ferma e dice che è andato a vedere Lessico familiareÖ.di nuovo un dono!

Ha dei ricordi particolari sugli artisti che frequentavano casa Benco?

Non posso avere ricordi ñ data la mia età ñ sugli artisti che frequentavano casa Benco, ma mia sorella ñche aveva dieci anni più di me ñ ha cercato di ricostruire in una inedita biografia di mio nonno, che ho donato alla Biblioteca assieme agli altri documenti , i suoi contatti con gli artisti a lui contemporanei. Del resto, nel documentario su Svevo che Anna ha girato e portato in America e Australia, si è servita dei quadri degli artisti contemporanei a Silvio Benco e Italo Svevo per ricostruire l’atmosfera del periodo.
Moltissimi ricordi invece ho degli artisti che venivano a trovare mia madre sia nella casa di Opicina che in quella di Duino. La sua materna cura che venissero a pranzo, in modo d’essere sicura che “venissero nutriti”, come lei diceva. Ricordo la testa riccioluta di Gianni Russian, il profilo secco di Federico Righi, lo sguardo acuto di Sergio Coloni, la distinzione di Dino Predonzani, la sensualità di Nino Perizi, la compostezza di Marino Sormani, la forza timida di Marino CerneÖLa porta e la mensa di casa Gruber erano sempre aperta e sono rimaste aperte: un grande insegnamento.

Ci sono delle opere alle quali è più legata?

In che senso, legata? Tutte le opere che ho donato hanno un posto nel mio cuore e nei miei ricordi e le ho accompagnate ñ quando erano di dimensioni possibili ñ tenendole in braccio per passarle alle braccia del signore incaricato del Museo che era venuto a ritirarle. Ma è successa la medesima cosa anche per tutti i libri e i documenti, ricordando quando mamma, papà, Anna avevano fatto pressione su di me perché li leggessi, entrando anch’io nel loro mondo di adulti, apprendendo il lessico, appuntoÖ

Che cosa Le ha trasmesso un nonno straordinario come Silvio Benco?

La cosa più straordinaria era la sua capacità di essere con me esattamente com’era con gli adulti della famiglia, ma accogliendo la mia “bambinaggine “ – come si diceva in famiglia ñ con una tranquillità attiva e quindi , quando tornava da Trieste, in mezzo ai giornali c’erano sempre fumetti per me e quando ho scoperto Zorro, bene, lui ha letto con me le avventure del bandito. “Adesso no, ma poi capirai che è simile a Robin Hood! “ La sua ferma dolcezza ñ di cui sono prova le cartoline domenicali ad Anna e me ñ mi ha formato, così come la sua coerenza che da bambina forse non avvertivo, ma che è affiorata quando ho cominciato a insegnare e poi a dirigere delle scuole.
Ma ñ come per ogni essere umano ñ è stata tutta la mia famiglia a fare di me quella che sono e tutti sono dentro di me, e li ritrovo nei miei modi di essere, di ridere, di leggere, di godere delle novità. Solo lessico familiare? No, sangue del mio sangue, le mie radici.

In casa nessuno dipingeva?

No, ma tutti scrivevano o leggevano. Per cui in tutte le nostre case ñ inclusa la mia e di mio marito ñ vigeva un grande silenzio, intervallato dallo stridio della matita o della penna per mio nonno, del faticoso battere a macchina di mia nonna, del nervoso battere a macchina di mia madre e,poi, di Anna. Una specie di musica del silenzio, che veniva interrotto dall’ascolto di musica vera, Silvio( è così che Anna e io lo abbiamo sempre chiamato) amava molto la musica e Anna pure. Ma del resto Anna ha ereditato tutto il carattere di Nin (così chiamavamo la nonna ), la sua estrosità, la sua gioia di vivere, la sua capacità di risolvere nel “fare” tutte le sue malattie.
Mio padre che pure conosceva il Tedesco e altre lingue, dopo la guerra leggeva e parlava solo in Inglese, perché troppi familiari aveva perso nell’Olocausto, sua madre e le sue sorelle emigrate in America, noi sfuggiti per miracolo ñ quando sono nata mamma e papà erano sotto inchiesta razziale. Frida Spitz ñ sua cugina ñ salvata rocambolescamente da mamma assieme a suo padre e che dalla morte di zio Joseph viveva con noi, parlava correntemente Tedesco, Inglese, Francese e la guerra tra lei e mio padre per i libri che lui portava a casa era una cosa da vedere e divertiva sempre mamma, Anna e me.

Tutto questo farebbe pensare ad una famiglia molto intellettualeÖ

Beh, se quanto ho detto ha fatto pensare a questo, non è del tutto esatto: perché in realtà tutti i miei cari, grazie al cielo, mi hanno consegnato anche il senso d’umorismo, la capacità di vedere gli altri e di com-patirli(non è un errore: è etimologicamente inteso nel senso di patire assieme), di apprezzare la terra ñ ah, mia madre che “parlava” alla terra del giardino di Duino ! mio padre che raccoglieva per me piccola la resina in montagna, pretendendo prima un inchino all’albero! ñ il mare, il sole, i prodotti della terra, Anna che lottava con le sue marmellateÖtutto ciÚ derivava dall’intelletto? Non credo: deriva invece dal fatto che tutti si sono affidati a me,l’ultima della famiglia, perché spiegassi che erano esseri umani, non icone.

nelle foto: Marta Gruber e Delia de Zuccoli Benco ritratta nel 1925 da Gino Parin

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