Da parte di moltissimi visitatori è giunta la richiesta di rivedere il dipinto “Dopo la prima Comunione” del pittore norvegese Carl Frithyof Smith, temporaneamente collocato in deposito.
Da questa settimana l’opera è nuovamente esposta nella galleria del quarto piano.
Vale la pena, forse rileggere la storia di questo quadro, presente nel Museo Revoltella fin dal 1892 e molto amato dal pubblico del museo.
SMITH CARL FRITHJOF (Oslo, 1859-Weimar, 1917)
Dopo la prima Comunione, 1892, olio su tela, cm 136,5×183; firmato e datato in basso a destra: C. Frithyof Smith 1892
Dopo “In der Dorfkirche” (1886), il quadro che lo aveva reso celebre raccogliendo le impressioni e le varietà umane tra le panche di una chiesa di campagna, nel 1892, ormai insegnante a Weimar da due anni, Smith presenta al Glaspalast di Monaco fedeli all’uscita di una chiesa, per lo più una folla di bambine che hanno appena ricevuto la prima comunione. Il fiotto di candido bianco degli abiti imprime la nota di colore e di luce che domina il grande quadro. Il chiarore si riflette sui volti, sui capelli lucidi, fermando un momento con tale nitidezza che piacque anche agli oppositori dell’en plein air, rassicurati di vedervi negato ogni pericolo della macchia e della condotta d’impressione. Anzi, i molteplici tipi umani sono accuratamente studiati, “da atelier”, e alcune figure spiccano nella loro definizione, prima fra tutte la piccola al centro, che fissa con lo sguardo l’osservatore, giocata sui contrappunti propri della tecnica fotografica: al bianco abbagliante rispondono i neri profondi del collarino con appesa la croce, dello scialle, del libro. I toni di colore più scuro, comunque, si appressano soprattutto intorno alle figure d’età più avanzata, sottolineando il contrasto tra gioventù e vecchiaia che si ripete sempre nei quadri di Smith, e che trova i suoi significati nella cultura e nell’analisi sociale positivista. Questo clima aveva dato e dava ancora negli anni Novanta le sue prove pittoricamente più raffinate tra i realisti francesi, da Bastien-Lepage a Dagnant-Bouveret, mentre in Germania spesso sfociava ó tranne qualche caposcuola di pittura vigorosa come Leibl o Libermann ó in una precisione che risultava, anche a detta della critica contemporanea, sorda e noiosa. Non è perÚ questo il caso di Dopo la prima comunione, che a Monaco, applaudito e riprodotto su “Die Kunst f¸r Alle”, apparve l’opera del raggiunto equilibrio da parte dell’artista nella perfetta conciliazione di en plein air e accademismo, grazie, si diceva, all’isolamento di Weimar, dove aveva potuto lavorare distante dalle mode di Monaco. In verità, nella forte tenuta pittorica di questo quadro, che faceva pensare ai commentatori di allora a effetti di vetro, ci pare di scorgere traccia del luminismo nordico ó delle origini norvegesi di Smith ó che abbaglia e insieme addolcisce le forme. Inoltre, in questa intensità atmosferica si disseminano particolari delicati, come le coroncine di piccoli fiori variegati, e trilli di colore, rossi e celesti, non propri della pittura tedesca più fioca e fredda. Si direbbero dunque suggestioni colte tra il Nord e Parigi.
Anna Mazzanti, in “Arte d’Europa tra due secoli: 1895-1914. Trieste, Venezia e le Biennali”. Catalogo della mostra, Trieste, Museo Revoltella, 1995-1996; Electa, Milano 1995, pp.120-121 e 289, cat. n. 11
Cenni biografici
Carl Frithjof Smith nacque a Oslo nel 1869 ma la sua formazione, come per la maggior parte degli artisti del suo paese, avvenne a Monaco di Baviera, dove studiÚ all’Accademia dal 1880 al 1884. Alla fine degli studi decise di continuare a vivere a Monaco, dove espose in molte mostre internazionali (come a Vienna e Berlino) ma dal 1890 si trasferì a Weimar per insegnare alla Kunstschule. Il clima di questo ambiente era piuttosto conservatore e intransigente e, mentre a Monaco, verso il 1893, iniziava un movimento artistico d’avanguardia, qui la buona pittura si faceva ancora in atelier. Smith rimase sostanzialmente fedele alle regole accademiche e la sua produzione si caratterizza per un marcato realismo che non rinuncia mai alla solidità e compattezza dei volumi, anche se nella “Prima Comunione” sembra ricercare degli effetti atmosferici.
Tra gli allievi di Carl Frithjof Smith alla Kunstschule di Weimar, attorno al 1900 c’è Max Beckmann. L’artista rimane a Weimar fino alla morte pur mantenendo sempre contatti con la sua patria. Di lui fu molto celebrato un ritratto di Henrik Ibsen.