Quarto piano

Sulla sommità della scala che conduce al quarto piano ha trovato collocazione la scultura in bronzo di Francesco Pezzicar, L’emancipazione dei negri (1873), premiata con la medaglia d’oro all’Esposizione Universale di Filadelfia nel 1876.

Galleria minore

Le scuole regionali

Qui sono esposte opere di autori collegati alle più importanti scuole regionali italiane, che coprono un periodo compreso tra la metà e gli ultimi anni dell’Ottocento. Molte furono acquistate nella prima fase di vita del museo, fondato nel 1872, altre pervennero attraverso successive donazioni di collezioni private. Nella prima sala hanno trovato posto molti autori importanti dell’Ottocento italiano; tra gli artisti rappresentanti della scuola meridionale, che comprende artisti come Vertunni, Tiratelli, Palizzi e Celentano, si segnala il bellissimo dipinto di Giuseppe De Nittis La signora del cane o Ritorno dalle corse (1878), l’opera più importante e nota delle raccolte ottocentesche, che ben rappresenta il mondo parigino frequentato dall’artista pugliese. Particolarmente ben documentata è la produzione di ambito lombardo e in particolare dei fratelli Induno, Gerolamo e Domenico, entrambi impegnati nel raccontare i fatti storici a loro contemporanei. Di Gerolamo sono esposte La sentinella, ovale datato 1849, Garibaldi ferito in Aspromonte, che narra gli avvenimenti dell’ agosto 1862, e Il ritorno del marinaio proveniente dal lascito Nelly Bois de Chesne. Di Domenico Induno, invece, apprezzato per la pittura di genere, è esposta La Malinconia, capolavoro che rinvia agli avvenimenti e ai fatti del 1848 vissuti dalla parte dei più deboli. Conclude la sezione di storia risorgimentale un lavoro di Giovanni Fattori, Il Bivacco, in cui prevale l’aspetto umano, più che quello eroico, della vita militare delle truppe francesi accampate alle Cascine nel 1859.

In questa sala si trova esposta anche una delle sculture più importanti e significative dell’intera collezione scultorea del Museo: il Gavroche (post 1883) di Medardo Rosso, il più grande scultore italiano della seconda metà dell’Ottocento. Altro interprete di una scultura anticonvenzionale è Paolo Troubetzkoy, qui presente con il Ritratto del pittore Arturo Rietti (1911); altrettanto moderna l’opera Pescatoriello (1876 circa) dello scultore napoletano dall’innato talento Vincenzo Gemito.

Umberto Veruda e Italo Svevo
Gli artisti triestini a Monaco

Il Circolo Artistico di Trieste

Tra il 1880 e il 1914 operava a Trieste un folto gruppo di artisti, caratterizzati da personalità diverse, ma influenzati dalla medesima scuola, l’Accademia di Belle Arti di Monaco, che rappresentava un punto di riferimento importante per tutti, a cominciare da Umberto Veruda, Isidoro Grünhut e Carlo Wostry, i tre giovani pittori di cui si trovano esposti alcuni dipinti nella sala attigua alla sezione dei pittori risorgimentali e simmetrica a quella delle Scuole regionali. Qui sono raccolte molte opere di Umberto Veruda, amico fraterno dello scrittore Italo Svevo e unico erede dei dipinti dell’amico dopo la sua morte prematura. Sono per lo più ritratti raffiguranti gli amici pittori triestini (Fragiacomo, Zangrando, Barison, Fittke, Grimani, Mayer), come lui frequentatori del locale Circolo Artistico, accanto a dipinti di grande intensità di Isidoro Grünhut, talento eccezionale se pure poco conosciuto e un bel ritratto a figura intera (Ritratto di Giuseppe Garzolini) di Carlo Wostry, autore prestigioso della Storia del Circolo artistico di Trieste (1934) e artista poliedrico e di grande originalità.

Galleria maggiore

Sale internazionali

Nelle sale più vaste del quarto piano sono esposte le opere di maggior pregio acquistate dal museo fra la metà degli anni Ottanta e la prima guerra mondiale. Si tratta per lo più di dipinti di grande formato provenienti quasi tutti dalle grandi esposizioni internazionali di Venezia, Roma, Monaco e Vienna. La scelta del Curatorio cadde, almeno per un lungo periodo, sempre sulla pittura realista, di cui interessavano in ugual misura i temi sociali e l’interpretazione del paesaggio.
Appartengono al realismo veneto le opere di Cesare Laurenti (Frons animi interpres, 1886), Ave Maria di Luigi Nono (1892), La campana della sera di Pietro Fragiacomo (1893) e il gruppo in gesso Belisario (1887), di Urbano Nono.

Tra gli anni Ottanta e la fine del secolo il museo si arricchì anche di alcuni grandi paesaggi, che vanno dai suggestivi controluce di Giorgio Belloni (Torna il sereno, 1887) e di Angelo Dall’Oca Bianca (Prima luce, 1887) al Tramonto sul lago di Garda (1887) di Bartolomeo Bezzi alle cupe montagne della Val Camonica di Arnaldo Soldini (1899). Venezia non poteva mancare ed è presente, infatti, con una raffinata interpretazione di Guglielmo Ciardi (Mattino alla Giudecca, 1892).

Tra i dipinti esposti nella prima sala s’incontra anche la prima opera di un artista straniero, Dopo la Prima Comunione dell’artista norvegese Frithyiof Smith, di eccezionale realismo fotografico.

Nella sala succcessiva, dominata dalle due imponenti sculture in gesso di Leonardo Bistolfi (La Croce Funerale della vergine), acquisite dal Museo Revoltella alla VI Biennale di Venezia (1905), vi si trovano esposte oltre una ventina di sculture di artisti di varia provenienza e formazione, comprese in un arco temporale a cavallo tra Otto e Novecento, che testimoniano la ricchezza e la varietà della collezione scultorea del museo. Si tratta di una maggioranza di opere di artisti locali quali Ruggero Rovan , Franco Asco Mario Ceconi di Montececon, Gianni Marin e Giovanni Mayer e alcuni magistrali interpreti del verismo di fine Ottocento, quali il pavese Donato Barcaglia con la Donna che trattiene il tempo, il trentino Andrea Malfatti, la cui opera è qui rappresentata dalla raffinatissima Egizia (1890) e il piemontese Pietro Canonica con il delicato ritratto femminile intitolato Sogno di primavera (1899), già ricco di accenti simbolisti, e il più realistico Ritratto della baronessa de Reinelt (1906 circa), a cui è stato affiancato lo straordinario ed enigmatico volto della Vergine (1924) di Adolfo Wildt.

 

In questa sezione è presente anche lo scultore austriaco Gustinus Ambrosi con i ritratti di Benito Mussolini (1924) e Friedrich Nietzsche (1910), confluiti nel patrimonio del Museo tramite il lascito di Socrate Stavropulos. Il ritratto che raffigura l’ingegnere triestinoOscar Brunner (1925), caricaturale e bizzarro, è invece opera straordinaria del grande Luigi Spazzapan, modellato pochi anni prima del suo definitivo trasferimento a Torino.

Proseguendo la visita del quarto piano, possiamo ammirare uno spaccato di vita quotidiana nel grande dipinto di Lionello Balestrieri intitolato Beethoven (1900), ispirato alla vita bohemienne degli artisti parigini, ma in queste sale sono ospitate anche una serie molto varia di opere del primo decennio del Novecento attraverso le quali è facile percepire il passaggio tra realismo e simbolismo.

Completano lo scenario alcune opere di autori italiani e stranieri (De MariaDelaunoisvan BartelsZügel) provenienti dalle Biennali dell’inizio del secolo e a loro volta rappresentative della coesistenza, nell’esposizione veneziana, del realismo ottocentesco e di più attuali tendenze alla fuga dalla realtà.

All’ambito simbolista si possono ricondurre anche molti dei dipinti realizzati nel primo decennio del Novecento, fra i quali domina Il giorno sveglia la notte (1905 circa) di Gaetano Previati. Sono qui sempre presenti inoltre artisti di diversi paesi europei: primo fra tutti il tedesco Franz von Stuck, portabandiera del Secessionismo monacense e autore di Scherzo (1909), uno dei cinque dipinti di questo importante artista presenti sul territorio italiano. E poi Anders Zorn (Hilma Eriksson, Biennale del 1909) e gli spagnoli Ignacio Zuloaga (Lola la gitana, scelto all’Esposizione di Roma del 1911) e Gonzalo Bilbao (La esclava, Biennale del 1905); oltre che da Previati la pittura italiana di quegli anni è rappresentata da Antonio Mancini (Geltrude, 1910) e Giacomo Grosso (Principessa Letizia di Savoia Aosta, Biennale del 1905).

150° della fondazione del Museo Revoltella

Storie di lasciti e acquisizioni. Un patrimonio lungo 150 anni

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